ZIBALDONE N.30. LA PARTITA, IN ITALIA E IN EUROPA, NON E’ FRA SOVRANISTI ED EUROPEISTI. CHI NON LO COMPRENDE E’ DESTINATO A PERDERE
CONTRADDIZIONI 1
Nel libro, appena uscito, di Lodovico Festa e Giulio Sapelli, “Draghi o il caos. La grande disgregazione: l’Italia ha una via d’uscita?” (Guerini), a un certo punto si legge:
“Nelle scorse settimane Michel Barnier, pur severo negoziatore della Brexit per conto di Bruxelles e rigido accusatore di Londra perché non accettava ‘la giurisprudenza europea’, da candidato tra i gollisti per la presidenza della Repubblica francese, ha messo in discussione le fondamenta della Corte di Giustizia di Lussemburgo (e questo nel momento in cui sono sotto accusa per non voler accettare la supremazia legislativa di Bruxelles, Polonia e Ungheria), e ha chiarito perché un corpo giudiziario a cui non corrisponde un corpo realmente legislativo espressione del popolo non possa essere una soluzione istituzionale accettabile”.
I due autori osservano che “un approccio un po’ schizofrenico di questo tipo fa intendere drammaticamente come il processo di integrazione continentale sia giunto a un punto critico” e si chiedono “quanto può durare un’acrobatica prassi comunitaria che evita di fare i conti con le contraddizioni di fondo dell’ordine europeo, come ad esempio quelle tra i poteri apertamente rivendicati dalla Corte costituzionale tedesca e la già ricordata richiesta di primazia giuridica da parte della Corte di Bruxelles?”
Però, a queste giuste osservazioni, si può aggiungere anche un’altra considerazione, ovvero che la UE rischia di somigliare alla “Fattoria degli animali” di Orwell dove si proclama che “tutti sono uguali”, ma “alcuni sono più uguali degli altri”.
Infatti – se abbiamo ben compreso – quando i paesi più deboli non accettano la supremazia della giurisprudenza europea su quella nazionale vengono messi sotto accusa come “sovranisti” dalla UE dominata da alcuni paesi forti, i quali paesi forti però, quando lo ritengono, a loro volta possono mettere in discussione la supremazia europea sulla propria legislazione.
Se così stanno le cose si può concludere, con il politologo Giovanni Orsina, che il conflitto fra sovranisti ed europeisti è solo apparente, perché in realtà è una partita a tre: sovranisti dichiarati, sovranisti di fatto e federalisti veri (una minoranza).
Dove “i sovranisti dichiarati sono l’alibi per i sovranisti di fatto”, i quali sono anzitutto i due paesi più forti, Germania e Francia, quelli che prevalgono e che più e meglio affermano i propri interessi nazionali.
Ripensare in questi termini la partita europea è utile per l’Italia che forse, al suo interno, dovrebbe superare il conflitto fra sovranisti ed europeisti ed entrare nell’area dei “sovranisti di fatto”, quelli che difendono i propri interessi nazionali facendo – a parole – professione di europeismo. Pare che sia la strada di Draghi. Può essere anche un modo per aiutare una giusta riforma dell’Unione Europa.
CONTRADDIZIONI 2
“Repubblica” ha allegato il libro di Paola Mastrocola e Luca Ricolfi, “Manifesto del libro pensiero” (La nave di Teseo). I due autori soprattutto mettono sotto accusa il “politicamente corretto”, che alligna negli ambienti e sui giornali “progressisti”.
Fra l’altro scrivono: “Una società moderna, aperta e non bigotta, non può lasciare a una sola parte politica l’esclusiva della difesa della libertà di espressione. Perché la libertà non è né di destra né di sinistra, ma è il principio supremo del nostro vivere civile”.
Ottimo. Cosa ne pensano i salotti e i giornali progressisti come “Repubblica”? Riflessioni autocritiche?
Antonio Socci
(nella foto: Enrico Mattei, patriota, quindi sovranista di fatto)
Da “Libero”, 19 novembre 2021