L’estate potrebbe essere davvero il tempo giusto per questo libro straordinario. Se si ha la fortuna di passare dei giorni in montagna, dove solo il vento fa sentire la sua voce lieve, o se – al mare – se ne gustano certi momenti di deserto (all’alba o al tramonto).

E ancora di più se si visitano certe abbazie o Certose, dove il silenzio riempie e colora tutte le cose, come l’Abbazia di Lagrasse, in Provenza, di cui parlano le prime pagine di questo volume del cardinale Robert Sarah.

“La forza del silenzio” (Cantagalli) non è solo il libro-intervista con Nicolas Diat del prelato vaticano più vicino a Benedetto XVI (un vescovo africano molto carismatico, che nel suo paese è stato davvero eroico).

E’ un diario spirituale che letteralmente fa respirare e spalanca davanti alla nostra vita quotidiana orizzonti immensi come il mare e come il cielo delle Dolomiti. Continua

Non c’è più irreligione. Nemmeno al gruppo Repubblica-Espresso che per anni è stato il tempio del laicismo anticlericale. Da qualche anno Repubblica sembra una confraternita papolatrica che celebra la religione bergogliana con pagine e pagine d’incenso.

Adesso arriva addirittura un sorprendente attacco all’ateo e firmato dalla massima Autorità: Eugenio Scalfari. Sull’Espresso la sua rubrica è uscita infatti con questo titolo: “Atei militanti ecco perché sbagliate”.

Il Fondatore di Repubblica pensa che gli atei oggi “non siano molti”. E spiega che “l’ateo è una persona che non crede in nessuna divinità… Dopo la morte, per l’ateo, non c’è che il nulla. Da questo punto di vista sono assolutisti, in un certo senso si potrebbero definire clericali perché la loro verità la proclamano assoluta”.

Già questo non sembra un complimento. Ma poi il Nostro difende addirittura i credenti, i quali credono anch’essi in “una verità assoluta, ma sono infinitamente più cauti degli atei”.

Sarebbero già parole stupefacenti. Ma Scalfari va oltre e sgancia la bomba: Gli atei non sanno di essere poco tolleranti, ma il loro atteggiamento nei confronti delle società religiose è rigorosamente combattivo. La vera motivazione, spesso inconsapevole, è nel fatto che il loro Io reclama odio e guerre intellettuali contro religioni di qualunque specie. Il loro ateismo proclamato vuole soddisfazione, perciò non lo predicano con elegante pacatezza ma lo mettono in discussione partendo all’attacco contro chi crede in un qualunque aldilà, lo insultano, lo vilipendono, lo combattono intellettualmente. È il loro Io che li guida e che pretende soddisfazione”. Continua

L’Italia si trova in una crisi profonda che mette a rischio non solo la sua prosperità, ma ormai la sua stessa sopravvivenza come nazione e come Stato indipendente e sovrano.

Ernesto Galli della Loggia inizia un suo libro appena uscito, “Il tramonto di una nazione. Retroscena della fine”, con queste drammatiche parole: “Sono nato italiano, ma mi viene da chiedermi, a volte, se morirò tale… mi sembra che siano molti gli italiani che sentono ogni giorno crescere dentro di sé una sensazione sempre maggiore di spaesamento e alla fine quasi di estraneità”.

La decadenza generale, la sensazione di essere una nave alla deriva nella tempesta, un vaso di coccio tra vasi di ferro, l’espropriazione di sovranità che l’Italia ha subito (da Unione europea, mercati finanziari e altri poteri internazionali), la crisi economica ormai cronica in cui stanno soffocando il Paese, la prospettiva molto concreta dell’estinzione demografica con la contemporanea invasione migratoria, fanno dubitare fortemente che fra due generazioni ci sia ancora l’Italia.

La prima repubblica è finita, la seconda non è mai cominciata e le attuali leadership – che da anni si dimostrano almeno impotenti di fronte allo sfascio del Paese – risultano inadeguate e spesso dannose.

Anche il centrodestra, che pure sembra avere le idee più sensate, non dispone di una credibile e autorevole ipotesi di leader di governo per guidare la rinascita.

In Italia c’è un vuoto spaventoso di classi dirigenti che nella Sinistra è amplificato dalle idee perniciose che coltivano e dalle politiche fallimentari che realizzano.

E’ una crisi più grave di quella che la Francia visse a metà degli anni Cinquanta e che – col tramonto della Quarta Repubblica – portò al governo il generale Charles De Gaulle che varò la Quinta Repubblica (con una nuova Costituzione che tagliò – fin troppo – le unghie ai partiti). Continua

“Attacco a Ratzinger”, era il titolo di un libro uscito nel 2010 sull’assedio al grande pontefice. Tre anni dopo Benedetto XVI ha dovuto (?) fare la “rinuncia”. Però una strana rinuncia che non è una rinuncia al munus petrino.
L’attacco al papa è parte dell’attacco finale alla Chiesa Cattolica da parte delle potenze e delle ideologie anticristiane di questo mondo.
Infatti Benedetto XVI – la “pietra scartata” – è il Katechon, in un tempo oscuro e barbaro: lo fa intendere bene questa interessante intervista a Massimo Cacciari (vedi sotto) uscita nei giorni della sua “rinuncia”.
I cattolici oggi più che mai dovrebbero pregare per il Papa. Perché resista e perché il Signore ce lo conservi a lungo, nonostante i suoi attuali 90 anni. SANTO PADRE, AD MULTOS ANNOS    

*                                                                *                                                       *

Un mese dopo la rinuncia di Benedetto XVI, il filosofo Massimo Cacciari – che è uomo assai accorto sulle cose del mondo (e che proprio al Kathécon aveva appena dedicato un saggio) – rilasciò un’intervista (due giorni prima dell’elezione di Bergoglio) dove, a proposito delle dimissioni di Benedetto XVI, disse queste testuali parole:
.
“La forza simbolica della decisione di Ratzinger ci interroga seriamente su questo punto. La Chiesa si è sempre caratterizzata anche per la sua capacità di ‘tenere a freno’, di arrestare – come si legge in San Paolo – l’avanzata delle forze anticristiche. Bisogna quindi chiedersi se la decisione di Ratzinger non sia una lucida dichiarazione di impotenza a reggere una funzione di ‘potere che frena’. Ratzinger dice: continuerò a essere sulla croce, facendo salva la dimensione religiosa rimane. Ma la dimensione del potere che frena dove va a finire?
Simbolo della Chiesa è, assieme, Croce e katéchon ( la figura ben presente nella Seconda Lettera ai Tessalonicesi di San Paolo: potere che frena l’avanzata dell’Anticristo, ndr). Il segno di queste dimissioni, a saperlo vedere in tutta la sua prospettiva, è dunque davvero grandioso. Potremmo ipotizzare che Ratzinger si dimette perché non riesce più a contenere le potenze anticristiche, all’interno della stessa Chiesa. Come diceva Agostino, gli anticristi sono in noi. Questa è una chiave per la decisione di Ratzinger, se vogliamo leggerla in tutta la sua serietà. La sua decisione fa tutt’uno con la crisi del politico, del potere che frena“.
(Da “Vita”, 11 marzo 2013)

.

Certamente è una riflessione molto suggestiva e drammatica. Che nel mondo siano scatenate le forze anticristiche mi pare evidente dall’impazzimento generale che – oggi – ci sta portando perfino sull’orlo del baratro di una guerra mondiale. E’ un dato di fatto.

Così come è evidente che – dopo il “dimissionamento” di Benedetto XVI – la Chiesa come Katéchon cioè come “potere che frena” il dilagare delle forze anticristiche, si sia totalmente dissolta. Dando addirittura l’impressione di essersi arruolata come gregaria al carro del Potere anticristiano.

Quanto alle forse anticristiche DENTRO la Chiesa, a causa delle quali Benedetto XVI avrebbe rinunciato, ognuno può fare la sua analisi…

Di sicuro – come dice Cacciari – la scelta di Benedetto XVI e la sua attuale, misteriosa, collocazione come “papa emerito” segnala che viviamo un tempo “grandioso” cioè apocalittico. Chi non l’ha ancora capito fa come quegli spensierati di cui parlava Gesù nel capitolo 17 del Vangelo di san Luca.

Questi ammonimenti di Gesù valgono sempre, per tutti, in ogni tempo in cui si riproduce, in analogia, la vicenda biblica, fino alla manifestazione del Figlio dell’Uomo. MI SEMBRA CHE SI DEBBA PREGARE MOLTO, SOPRATTUTTO PER LA CHIESA E I SUOI PASTORI.

Vengono in mente le parole che Paolo VI, poco prima della morte, confidò a Jean Guitton:

“C’è un grande turbamento in questo momento nel mondo e nella Chiesa, e ciò che è in questione è la fede. Capita ora che mi ripeta la frase oscura di Gesù nel Vangelo di san Luca: ‘Quando il Figlio dell’Uomo ritornerà, troverà ancora la fede sulla terra?’. Capita che escano dei libri in cui la fede è in ritirata su punti importanti, che gli episcopati tacciano, che non si trovino strani questi libri. Rileggo talvolta il Vangelo della fine dei tempi e constato che in questo momento emergono alcuni segni di questa fine. Siamo prossimi alla fine? Questo non lo sapremo mai. Occorre tenersi sempre pronti, ma tutto può durare ancora molto a lungo. Ciò che mi colpisce, quando considero il mondo cattolico, è che all’interno del cattolicesimo sembra talvolta predominare un pensiero di tipo non cattolico, e può avvenire che questo pensiero non cattolico all’interno del cattolicesimo diventi domani il più forte. Ma esso non rappresenterà mai il pensiero della Chiesa. Bisogna che sussista un piccolo gregge, per quanto piccolo esso sia”. 

Continua

Il famoso giocatore di poker Amarillo Slim spiegava che in ogni vera partita c’è un pollo da spennare e avvertiva: “Se nella prima mezzora non capisci chi è il pollo, allora il pollo sei tu”.

All’Italia dissero che questo tipo di Unione europea (a conduzione tedesca) e la moneta unica erano un club esclusivo che le avrebbe portato enormi benefici. E l’Italia ha abboccato, rinunciando a una grossa quota della propria sovranità economica e politica.

Nella prima “mezz’ora” – cioè nei primi anni – i nostri governanti hanno allegramente hanno promesso agli italiani che avremmo potuto lavorare di meno e guadagnare di più per il solo fatto di essere “europei” e di avere l’euro.

Oggi – passata quella “mezz’ora” – tutti possono vedere quanti bei benefici abbiamo avuto.

E’ una catastrofe (basti solo ricordare la povertà assoluta triplicata fra i giovani, il pil che è il fanalino di coda e il debito pubblico che ha sfondato ogni record).

Ora è chiaro che il pollo da spennare eravamo (e siamo tuttora) noi. Ma la cosa incredibile è che i nostri governanti continuano a non capirlo (o a non volerlo ammettere) e a farci spennare da lorsignori.

COSA STA ACCADENDO

Lo dimostra – tanto per citare solo l’ultimo esempiolo stravolgimento imposto da Bruxelles delle nuove regole per le Ong internazionali che portano migliaia di migranti sulle nostre coste. Continua

Finalmente si alzano altre voci a denunciare il naufragio in corso della nave chiamata “Italia”. Almeno per una volta non solo noi, famigerati “populisti”, ma perfino il “Corriere della sera” si accorge che questo Paese – che era già alla deriva – sta andando a picco. Va in malora.

Lo dimostrano anzitutto la Caporetto quotidiana delle nostre frontiere violate (ieri 5.000 nuovi arrivati) e i dati dell’economia come il debito pubblico che aumenta (a maggio nuovo record, 2.279 miliardi di euro), come i 4,7 milioni di italiani che vivono in povertà assoluta (8,4 milioni in povertà relativa), la pressione fiscale che soffoca la ripresa, la disoccupazione giovanile a livelli tragici e il pil che boccheggia.

Ma il “Corriere” di ieri – grazie alla penna di Ernesto Galli della Loggia – rappresenta il disastro da un altro punto di vista: la vita quotidiana degli italiani.

Iniziando la sua lucida diagnosi, Galli si chiede quale immagine di sé stia dando l’Italia in questi mesi estivi. Ed ecco la sua desolata risposta: “quella di un Paese in cui il governo e con lui tutti i pubblici poteri appaiono sul punto di perdere il controllo del territorio”.

Poi stila un triste elenco di fatti e fenomeni di questa estate italiana: “decine di incendiari spinti da interessi criminali mettono tranquillamente a fuoco vastissime zone della Penisola”, senza che nessuno di loro venga individuato e arrestato.

Periferie (“soffocanti e orribili”) della grandi città con i servizi “al collasso”, dove al crepuscolo scatta una sorta di coprifuoco, dove i mezzi pubblici diventano luoghi pericolosi o dove interi caseggiati o quartieri sono “nelle mani di bande di malavitosi abituati a farla da padroni”. Continua

Ogni giorno, a proposito della marea migratoria, da Sinistra arrivano sermoni moraleggianti sul dovere dell’accoglienza generalizzata e incondizionata degli stranieri.

Peraltro danno spesso, tacitamente, ad intendere che tutti siano “profughi” (quando – in realtà – solo una piccola percentuale è costituita da profughi).

Eppure se, nella nostra storia nazionale, qualcuno ha da fare un “mea culpa” sull’accoglienza dei profughi, è proprio la Sinistra, almeno quella comunista.

La vicenda – perlopiù cancellata dalla storiografia ufficiale – riguarda addirittura dei profughi italiani, verso i quali avevamo dunque un doppio dovere di accoglienza e di solidarietà.

Accadde nel secondo dopoguerra. Sto parlando degli italiani del Quarnaro e della Dalmazia, di Zara, Pola e Fiume.

In quelle disgraziate terre del confine orientale, già martoriate dalla guerra, il comunismo titino arrivò brutalmente e “la volontà delle autorità comuniste jugoslave” fu subito quella di “eliminare ogni traccia di italianità” (Gianni Oliva). Continua

Sono tornati i lupi, animali belli e suggestivi, ma anche perniciosi per gli allevatori. Soprattutto animali carichi di evocazioni simboliche ed emotive radicate nel profondo del nostro immaginario.

Nei giorni scorsi sia “Repubblica” che il “Corriere della sera” hanno messo il lupo in prima pagina. Perché ormai sono tornati.

Ne è stato segnalato uno pure tra Boffolara e Magenta – dove ha mangiato un agnello – e il direttore del Parco del Ticino, Claudio Peja, esulta: “Dal medioevo non c’è più stato un lupo in pianura. Siamo una riserva Unesco. Per noi è una grande notizia”.

Immagino lo sia un po’ meno per il pastore proprietario dell’agnello. “In questi anni” dice Peja “erano arrivati il Picchio nero da Nord e l’istrice da Sud”. Ma colpisce quell’evocazione del medioevo a proposito del lupo.

In effetti c’è stato un tempo in cui i lupi erano i padroni incontrastati dell’Europa, delle pianure, delle colline e dei monti, ed è da allora che il lupo ha conquistato e occupato un posto nel folklore e nell’immaginario dei popoli italici ed europei. Qual è stato il tempo dei lupi? Continua

Pochi sanno che “Fratelli d’Italia”, l’inno che sentiamo ad ogni partita della Nazionale di calcio e che l’allora presidente Ciampi voleva fosse cantato dagli atleti, in realtà è solo un inno nazionale “provvisorio”. Dal 1946.

In tre legislature il Parlamento ha provato a renderlo definitivo, ma invano. Pare sia un’impresa sovrumana.

La legge 222 del 23 novembre 2012 prescrive addirittura di insegnarlo nelle scuole, ma senza averlo adottato ufficialmente: solite stranezze dell’Italia di oggi, come fare una casa cominciando dal tetto.

Adesso l’incredibile vicenda potrebbe concludersi positivamente. In questa settimana infatti la Commissione affari costituzionali della Camera esaminerà una nuova proposta di legge per l’adozione ufficiale dell’inno: è la quarta volta, si spera quella buona. Tuttavia – visti i tempi strettissimi della legislatura – non c’è niente di sicuro.

E’ un tormentone che rischia di diventare il simbolo dell’inconcludenza della politica italica e del vuoto di sensibilità nazionale. L’iter della legge – di per sé – potrebbe essere veloce, non dovrebbero esserci ostacoli politici, ma non è detto. Viviamo tempi strani. Continua

La tragedia del piccolo Charlie ha inquietato gli animi di tantissima gente, sia laici che cattolici. C’è oltretutto un sovrappiù di strazio, perché i genitori avrebbero almeno voluto portare a casa il bambino…

Ieri, mano a mano che passavano le ore, un’onda di commozione e dolore ha attraversato tante coscienze, i telefoni dell’ambasciata britannica e la mail dell’ospedale sono stati intasati, tanto che ancora qualche giorno è stato concesso al bambino.

Si sono fatte spontaneamente centinaia di veglie di preghiera, dappertutto, e molti cattolici hanno preso d’assalto il centralino della Segreteria di stato vaticana e di Santa Marta per chiedere un intervento urgente di papa Bergoglio.

Lui parla su tutto, ogni giorno. Ha tuonato perfino contro coloro che si tingono i capelli (“a me fa pena quando vedo quelli che si tingono i capelli”). Ma – nonostante le richieste – Bergoglio si è rifiutato ostinatamente di dire una sola parola in difesa della vita di Charlie Gard (silenzio totale come per Asia Bibi e per tutti i casi non “politically correct”). Continua