L’Italia è afflitta da una faziosità ideologica che impedisce di discutere di ciò che si dice e punta solo a demonizzare e squalificare chi lo dice. Se n’è avuto un esempio in queste ore con il problema sollevato da Matteo Salvini sull’efficacia delle sanzioni (che invece di danneggiare la Russia arricchiscono Putin – e alcuni Paesi della Nato – mettendo ko l’economia italiana) e sulla necessità di intervenire subito sul prezzo del gas per aiutare famiglie e imprese (che rischiano di chiudere).

Eppure non è solo il leader della Lega a sollevare questi problemi. Perfino il presidente della Repubblica ha dichiarato: “Il vertiginoso innalzamento dei prezzi dell’energia, favorito anche da meccanismi irragionevoli e da squilibri interni tra i Paesi europei, costituisce uno dei nodi più critici del momento attuale. E’ necessaria e urgente una risposta europea all’altezza dei problemi”.

Aveva fatto appello a Mattarella, nei giorni scorsi, il presidente di Confindustria Carlo Bonomi che ha definito il prezzo del gas un’“emergenza nazionale”, chiedendo al governo di “varare nuove misure”.

Bonomi ha usato toni drammatici: Se ci fosse un terremoto, un governo dimissionario interverrebbe o no? Beh, oggi c’è un terremoto economico e non sarebbe comprensibile se il governo non reagisse. Aspettare il prossimo ci farebbe perdere due mesi e non possiamo permettercelo”.

L’industria è alla canna del gas: “abbiamo casi di bollette decuplicate, non possiamo reggere – ha spiegato Bonomi -. Solo nei primi sette mesi del 2022 la cassa integrazione straordinaria è salita del 45 per centorispetto a un anno fa”.

Se poi si pensa che in autunno “arriveranno nuovi rincari energetici, mentre l’inflazione dei mesi scorsi sulle materie prime continuerà a scaricarsi sui prezzi al consumo” la prospettiva si fa tragica. “Ci saranno seri problemi su redditi e potere d’acquisto delle famiglie. Il grido di dolore delle imprese” ha concluso “fin qui è stato ignorato”.

Paolo Scaroni, che per anni è stato ai vertici di Eni ed Enel (ora è deputy chairman di Rothschild & Co), ieri ha dichiarato al “Sole 24 ore” che “quando in sede Nato si è deciso di percorrere la strada delle sanzioni al tavolo c’erano Paesi molto diversi: qualcuno, come gli Usa e la Norvegia, da certe strategie ha solo da guadagnare, altri invece ci rimettono moltissimo”, come l’Italia.

Eppure, ha aggiunto Scaroni, “quello che accade oggi era prevedibile”. Ma chi poteva e doveva prevederlo, essendo al governo in Italia o nella UE, non lo ha fatto.

Pure sul price cap, osserva Scaroni, “ancora una volta sono decisioni prese a tavoli in cui siedono parti con interessi diversi… Le posizioni del G7 dovrebbero essere mitigate con forme di compensazione: scambi aiuti solidarietà”.

Interessante la conclusione di Scaroni: “mi chiedo dove ci proponiamo di arrivare con questa escalation di sanzioni. Quali risultati vogliamo ottenere dalla Russia? Per ora temo che stiamo solo aumentando il livello dello scontro”.

Dovrebbero essere anzitutto i politici, i governanti, i vertici UE, a porsi queste domande. Ma lo evitano e fanno pagare ai loro popoli le conseguenze delle loro scelte. Quando poi qualche politico prova a discutere i problemi reali viene scomunicato come putiniano.

Eppure sono opinioni diffuse fra osservatori e personalità totalmente avverse a Putin. È difficile essere più atlantisti di Edward Luttwak, per esempio, ma anche lui, nei giorni scorsi, ha scritto che magari sarebbe opportuno raddoppiare gli aiuti militari all’Ucraina, ma ci vuole uno “stop reciproco a tutte le sanzioni contro la Russia” e “benvenuto al turismo russo” perché “il nemico è Putin, non il popolo”.

Carlo De Benedetti – che certo non è putiniano e da sempre si professa vicino al Pd – già a fine marzo aveva bocciato l’impegno bellico della UE prevedendo, fra l’altro, che  “questa guerra avrà conseguenze inenarrabili: anzitutto uno shock energetico simile allo shock petrolifero del 1973 (che generò una recessione di anni), quindi recessione e crollo delle Borse”.

Agli inizi di maggio è tornato alla carica con un’intervista al “Corriere della sera” in cui ha dichiarato: “la nostra priorità assoluta dev’essere fermare la guerra… se Biden vuol fare la guerra alla Russia tramite l’Ucraina è affar suo. Noi non possiamo e non dobbiamo seguirlo”. In questa guerra – ha aggiunto – “non ci guadagna nessuno tranne gli Usa, che fanno soldi a palate vendendo le armi e il gas senza subire conseguenze”.

La settimana scorsa anche il settimanale economico britannico “The Economist” (di cui è azionista la Exor della famiglia Agnelli), pur essendo antiputiniano, ha riconosciuto che “sino ad ora la guerra delle sanzioni non sta andando come previsto”. Infatti “il colpo da knockout (alla Russia, ndr) non si è concretizzato”.  Anzi, la vendita di energia genererà quest’anno un surplus di 265 miliardi di dollari, il secondo più grande al mondo dopo la Cina”. Mentre in Europa, la crisi energetica potrebbe innescare una recessione”.

Alberto Clo, già ministro dell’Industria e amico di Romano Prodi (con cui ha fondato la rivista “Energia”), giorni fa ha dichiarato: Queste sanzioni hanno aumentato i ricavi della Russia. Quindi sono un fallimento totale” e “il price-cap è una sòla” (poi, per la situazione in cui ci troviamo, ha messo sotto accusa la UE, Draghi, la Sinistra e “l’isteria ecologista”).

E la gente comune cosa pensa? Un sondaggio di Termometro Politico realizzato fra 30 agosto e 2 settembre ha rivelato che il 51,1 per cento degli italiani ritiene che – vista la situazione creatasi – si dovrebbero togliere le sanzioni alla Russia (contrario il 44 per cento).

Un dato impressionante se si pensa che fino a ieri l’argomento non era neanche nella discussione politica e il sistema mediatico è sempre stato a favore delle sanzioni. Un dato destinato a crescere molto.

 

Antonio Socci

 

Da “Libero”, 5 settembre 2022