L’ideologia dei diritti che ha portato Elly Shlein alla segreteria del Pd e che riempie le pagine dei giornali mainstream è da anni l’ideologia delle élite, abbracciata dalle grandi organizzazioni internazionali.

Lo storico Roberto De Mattei ha scritto: “Impotenti sul piano politico, l’Onu e l’Unione europea” si sono trasformati “da soggetti politici in laboratori ideologici” dei nuovi diritti.

De Mattei spiega: “Oggi la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo del 1948 che, nel secondo dopoguerra, ha costituito la fonte di legittimazione dell’attività dell’Onu, sta cedendo il posto a un nuovo catalogo di ‘diritti’ come l’aborto… l’eutanasia… ‘l’orientamento sessuale’ fondato sul ‘gender’… sono le parole d’ordine delle recenti politiche demografiche dei principali organismi internazionali”.

Diritti a cui va aggiunto quello all’emigrazione che non mira tanto a tutelare i popoli che subiscono oppressione o miseria, quando a imporre forti limitazioni agli Stati sovrani di approdo nella gestione del fenomeno migratorio.

Ma perché oggi viene silenziosamente dimenticata la “Dichiarazione Universale dei Diritti Umani” che l’Assemblea Generale dell’Onu solennemente promulgò il 10 dicembre 1948? Forse perché, come sospetta l’avvocato Giuseppe Zola che ne ha scritto su “Tempi”, afferma principi scomodi?

Zola segnala, per esempio, l’articolo 3, il quale proclama che “ogni individuo ha diritto alla vita, alla libertà ed alla sicurezza della propria persona”. La proclamazione del diritto alla vita è dirompente oggi (vedi questione aborto).

Poi l’articolo 11.1: “ogni individuo accusato di un reato è presunto innocente sino a che la sua colpevolezza non sia stata provata legalmente in un pubblico processo nel quale egli abbia avuto tutte le garanzie necessarie per la sua difesa”.

Qualche imbarazzo può suscitare oggi anche l’articolo 16.1 “che osa parlare di ‘uomini’ e ‘donne’” affermando che “uomini e donne in età adatta hanno il diritto di sposarsi e di fondare una famiglia, senza alcuna limitazione di razza, cittadinanza o religione”, mentre l’articolo 16.3 recita:“La famiglia è il nucleo naturale e fondamentale della società e ha diritto ad essere protetta dalla società e dallo Stato”. Quella definizione di famiglia (presente anche nell’articolo 29 della nostra Costituzione) oggi sarebbe bersaglio di molte polemiche.

La Dichiarazione poi, all’articolo 18, afferma: “Ogni individuo ha diritto alla libertà di pensiero, di coscienza e di religione”, con la libertà connessa di “cambiare di religione” e “manifestare il proprio credo”. Sappiamo bene quanto sono calpestati questi diritti. I cristiani, per esempio, sono perseguitati in tantissimi Paesi e non risulta che l’Onu e la UE se ne preoccupino.

Significativo anche l’articolo 25.2 il quale afferma che “la maternità e l’infanzia hanno diritto a speciali cure ed assistenza”. Si ricorderanno le polemiche che hanno investito la Meloni quando ha affermato di voler attuale le parti dimenticate della Legge 194 in sostegno alla maternità.

“Ma l’articolo più ignorato” scrive Zola “sarà l’articolo 26” il quale “afferma che l’istruzione deve essere ‘gratuita’, mentre in Italia per almeno un milione di studenti non lo è” (si riferisce a chi frequenta le scuole libere). Poi la Dichiarazione parla pure di “merito” affermando che “l’istruzione superiore deve essere egualmente accessibile a tutti sulla base del merito”.

Ma soprattutto il punto 3 proclama: “I genitori hanno diritto di priorità nella scelta del genere di istruzione da impartire ai loro figli”. Ciò comporta la libertà delle famiglie di scegliere il tipo di scuola che vogliono (statale o privata) e anche il diritto di rifiutare forme più o meno esplicite di indottrinamento dei figli.

Questi sono diritti sanciti nella più alta sede internazionale. Ma sembrano dimenticati. Oggi si manifesta per diritti – com’è accaduto sabato a Milano – che ci sono già (come ha dimostrato Eugenia Roccella ieri nel programma “Mezz’ora”). Ne fanno una bandiera ideologica dimenticando, fra l’altro, il dramma dell’utero in affitto. Eppure ci sono storie che dovrebbero far riflettere.

Lucetta Scaraffia, sulla “Stampa”, ha riferito una sua conversazione con una ragazza californiana che aveva accettato di partorire un figlio per una coppia. Tre mesi prima dell’inseminazione “aveva dovuto assumere massicce dosi di ormoni”, cosa faticosa per il suo organismo, “enaturalmente nessuno l’aveva informata […] che questa dose massiccia di ormoni avrebbe aumentato di otto volte le sue probabilità di ammalarsi di cancro, e che la stessa cosa sarebbe valsa per il feto-bambino che portava dentro di sé”.

Aveva poi scoperto che i 15 mila dollari a lei riconosciuti in realtà costituivano “un quinto della somma complessiva pagata dai committenti”. Inoltre leinon sarebbe stata libera di abortire qualora avesse cambiato idea, e al contrario sarebbe stata costretta ad abortire se la coppia committente lo avesse deciso”.

In questo contesto un esponente di sinistra come Stefano Fassina, citando un articolo del 1918 di Antonio Gramsci intitolato “Merce”, riguardo alla “vendita delle ovaie di fanciulle povere alle ricche signore”, propone oggi alla Sinistra di battersi contro l’utero in affitto.

Ma non sembra che la Sinistra oggi sia disposta ad ascoltarlo, né a rileggere Gramsci. Del resto ha accantonato da tempo pure Norberto Bobbio che negli anni Novanta sembrava la sua stella polare.

Bobbio, da giurista e filosofo, aveva un’idea dei diritti molto diversa da quella che oggi è diventata “pensiero unico” della Sinistra. E lo spiegò bene al tempo del referendum sull’aborto del 1981.

In una storica intervista a Giulio Nascimbeni, del “Corriere della sera”, il maggiore intellettuale laico del dopoguerra, affermava che l’aborto rappresentava “un conflitto di diritti e di doveri” e spiegava: Innanzitutto il diritto fondamentale del concepito, quel diritto di nascita sul quale, secondo me, non si può transigere. È lo stesso diritto in nome del quale sono contrario alla pena di morte. Si può parlare di depenalizzazione dell’aborto, ma non si può essere moralmente indifferenti di fronte all’aborto”.

Certo, riconosceva Bobbio, “c’è anche il diritto della donna a non essere sacrificata nella cura dei figli che non vuole” e “quando ci si trova di fronte a diritti incompatibili, la scelta è sempre dolorosa”.

Ma questa era la conclusione del giurista: “Ho parlato di tre diritti: il primo, quello del concepito, è fondamentale; gli altri, quello della donna e quello della società, sono derivati. Inoltre, e questo per me è il punto centrale, il diritto della donna e quello della società, che vengono di solito addotti per giustificare l’aborto, possono essere soddisfatti senza ricorrere all’aborto, cioè evitando il concepimento. Una volta avvenuto il concepimento, il diritto del concepito può essere soddisfatto soltanto lasciandolo nascere”.

All’intervistatore che, stupito, gli ricordava la sua identità laica, rispondeva: “Vorrei chiedere quale sorpresa ci può essere nel fatto che un laico consideri come valido in senso assoluto, come un imperativo categorico, il ‘non uccidere’. E mi stupisco a mia volta che i laici lascino ai credenti il privilegio e l’onore di affermare che non si deve uccidere”.

Sono parole che possono essere contestate, è ovvio, ma esprimono il pensiero di un simbolo laico della Sinistra che aveva in mente Kant e probabilmente i “Doveri dell’uomo” di Mazzini, diffidente verso l’individualismo. E la Sinistra oggi che pensiero ha?

 

Antonio Socci

 

Da “Libero”, 20 marzo 2023

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