LA PAX TRUMPIANA? S’ISPIRA A LEONE XIV CHE INFATTI DICHIARA DI AVERE “ATTENZIONE E SPERANZA”. MENTRE I MEDIA SPARGONO BILE…
Questo mio articolo è uscito la mattina del 25 giugno. E proprio quel giorno il Papa, pronunciando le parole riportate nel tweet riprodotto in foto, ha espresso “attenzione e speranza” verso “gli sviluppi della situazione in Iran, Israele e Palestina”. Cioè verso la tregua imposta da Trump come fine della guerra.
* * *
Il presidente americano ha fatto probabilmente un capolavoro politico da Nobel. Nessuno può prevedere se e quanto la tregua fra Israele e Iran reggerà. Forse salterà tutto di nuovo in aria, forse no. Probabilmente c’è perfino chi “gufa” la pace per poter dire che Trump ha fallito.
Il buon senso consiglierebbe di sostenere il tentativo di stabilizzazione del leader statunitense, perché la pace conviene a tutti, ma – come diceva il Manzoni – spesso il buon senso “se ne sta nascosto, per paura del senso comune”.E il “senso comune” mediatico-politico oggi impone di dare sempre e solo addosso a Trump, qualunque cosa faccia.
Se domani camminasse sulle acque – secondo la famosa battuta – lo irriderebbero dicendo che così dimostra di non saper nuotare. Non sorprende che egli sia oggetto di odio ideologico e di una sorta di pregiudizio universale. Accade da anni. E non stupisce di trovare tutto questo in certi ambienti politici della sinistra mondiale.
Ma almeno i media dovrebbero dare un contributo di razionalità e di pacata capacità di analisi. Invece in questi giorni continuano a giudicare confuso il leader americano solo perché loro hanno idee confuse in testa e si scagliano contro Trump “a prescindere”. Anche a costo di contraddirsi.
Prima lo attaccano accusandolo di isolazionismo e lo considerano irresponsabile perché consegnerebbe il mondo a regimi autoritari, distruggendo l’occidente.
Poi, quando fa capire che potrebbe intervenire, ma non è detto, perché sta valutando (il suo era un modo per fare pressione sull’Iran, per ottenere il ritorno alla trattativa con la rinuncia al nucleare), lo irridono accusandolo di indecisione e di mancanza di leadership (hanno coniato pure un acronimo sarcastico per dire che fa sempre marcia indietro).
Quando poi interviene militarmente, smentendo tutte le loro congetture precedenti, gli stessi, senza riconoscere il proprio errore, lo accusano di essere diventato un guerrafondaio Neocon e così di aver inganno i suoi elettori (che sarebbero, a loro dire, delusi e arrabbiati).
Allora si stracciano le vesti sostenendo che, con il bombardamento alla centrale, sta portando il mondo al disastro economico per la chiusura dello stretto di Hormuz e alla terza guerra mondiale.
Ma non accade nulla di tutto questo, così lo accusano del contrario, cioè di aver fatto un intervento di facciata che in realtà non ha risolto il problema dell’uranio portato via dalla centrale iraniana. Senza capire che usare la forza non per bombardare i civili, ma per distruggere un laboratorio di morte – dove comunque c’erano le tecnologie per l’arricchimento dell’uranio – è stata una scelta geniale, lodevole e decisiva.
Perché quell’intervento risolve in buona parte il problema di Israele (che ha il sacrosanto diritto di non essere minacciato dall’atomica degli Ayatollah) ed evita di spargere sangue in Iran, lasciando aperta una porta a Teheran per tornare al tavolo delle trattative (gli iraniani pare che abbiano capito).
Se – invece di proseguire con l’attacco a Trump sempre e comunque – ci si ponesse finalmente l’obiettivo di comprendere la sua strategia si scoprirebbe che siamo di fronte a una novità molto interessante a positiva. Ma prima bisogna disfarsi nei vecchi schemi e soprattutto dei pregiudizi. Cosa difficile. Si dice che Einstein un giorno abbia detto: “è più facile spezzare un atomo che un pregiudizio”.
Il fatto nuovo – dicevamo – è un presidente americano che non segue più le vecchie logiche. Lunedì scorso ho segnalato che Trump non si identifica né con il dogmatismo isolazionista di certi Maga estremisti, né con la strategia delle guerre ideologiche e del mondo unipolare con cui Neocon e Dem hanno combinato tanti guai.
Egli segue una realpolitik che, nella pratica, lo porta molto vicino a ciò che il Papa americano sta dicendo al mondo. Infatti le cose che Leone XIV continua a ripetere, lungi dall’essere astratte esortazioni morali, sono improntate a realismo e razionalità (oltreché a umanità).
Con gli stessi criteri il presidente Trump cerca di evitare sia i danni dell’isolazionismo, sia i danni dell’interventismo guerresco: è una strategia che permette di affermare il ruolo stabilizzatore e pacificatore degli Stati Uniti, tramite un uso mirato e calibrato della forza e della dissuasione. “Make America Great Again”.
È un nuovo e diverso protagonismo americano funzionale anche a vincere sull’altro fronte aperto della Casa Bianca, quello del riequilibrio economico, industriale e commerciale della grande potenza.
Non essendo una strategia ispirata all’ideologia, ma alla realpolitik, in ogni situazione Trump deve mettere in campo capacità politico-diplomatica e un attento uso di bastone e carota. Deve metterci la faccia in prima persona. È rischioso perché non ci sono successi garantiti, ma questo uso mirato della trattativa, della dissuasione, della pressione politica e militare è una strada nuova molto interessante, per ottenere stabilità e pacificazione.
Pure russi e cinesi cercano di capire la novità rappresentata da Trump che in Iran – anche “parlando” a loro – ha dato una dimostrazione della grande forza militare e tecnologica degli Stati Uniti. Che restano la prima potenza mondiale.
Mosca e Pechino sono avvisati. Loro sicuramente speravano in un Trump isolazionista per fare quello che volevano. I nostri media speravano in un Trump neocon per poter dire che si è rimangiato le promesse. Ora sono tutti disorientati.
Ma l’Europa ha interesse a sostenere la strategia del presidente americano. Chi decidesse invece di soffiare sul fuoco per sabotare la Pax trumpiana (Russia, Cina o altri) non danneggerebbe tanto Casa Bianca, quanto il mondo e probabilmente anche se stesso.
Antonio Socci
Da “Libero”, 25 giugno 2025