“Va bene, parlate di ricerca, dell’importanza della ricerca universitaria, dei ricercatori, ma, oltre a cercare, c’è qualcuno che trova?”. L’irriverente battuta di Vittorio Feltri a Matrix, venerdì sera, sarà stata urticante per tanti che lavorano nelle nostre università. E al momento ha lasciato interdetto anche me.
Però, riflettendoci, bisogna riconoscere che sarebbe una vera “rivoluzione” se chi ricerca trovasse. Pare l’uovo di Colombo. Ma sarebbe la “rivoluzione”: fare in modo che chi ha le qualità e l’intelligenza per “trovare”, abbia anche cittadinanza e fondi nella ricerca universitaria. A volte terreno di pascolo di baroni o di inconcludenti da accantonare. E’ vitale poter valorizzare la più importante delle nostre risorse, l’intelligenza. Farla tornare in Italia se è espatriata. Che a “trovare” non sia spesso chi ricerca nelle università è innanzitutto una verità storica. Molte delle più importanti scoperte moderne sono sbocciate fuori dalle università, spesso da outsider che hanno lavorato con pochissimi mezzi e che gli accademici parrucconi – quelli che disponevano di tanti mezzi – guardavano dall’alto in basso. Continua