Mentre tutta l’Italia si è dovuta sorbire per giorni lo psicodramma del Pd che – almeno nella contesa pubblica – appare come un mero scontro di potere sulla leadership di Renzi, il vero duello politico, sulle questioni di fondo per l’Italia, è esploso nel centrodestra senza che i media se ne accorgessero.

Per la verità nemmeno il vario mondo del centrodestra se n’è accorto, perché non è un confronto di idee alla luce del sole – come sarebbe auspicabile e sarebbe utile – ma un braccio di ferro sotterraneo tra i leader.

Nel centrodestra si oppongono due linee strategiche alternative che riguardano davvero il presente e il futuro dell’Italia.

LA LINEA BERLUSCONI

Da una parte c’è Berlusconi che – dopo la sua “defenestrazione europea” del 2011 – si è totalmente appiattito sul Ppe, cioè proprio sul “partito Merkel” a cui era inviso (l’elezione di Tajani alla presidenza del parlamento europeo – e le sue dichiarazioni filo-Merkel – ne sono il suggello).

Si dice che questa scelta di Berlusconi sia dovuta al suo desiderio di essere riabilitato dalla sentenza di Strasburgo e potersi ricandidare. Ma è riduttivo.

Il suo avvicinamento al Pd va avanti da tempo: Berlusconi ha più simpatia per Renzi che per Salvini. E ancor più per Gentiloni a cui assicura un tacito sostegno parlamentare (peraltro ha contato pure il fatto che il governo abbia manifestato malumore per la scalata Vivendi a Mediaset).

Berlusconi adesso, in vista delle elezioni, si sta mobilitando e annuncia un programma che prevede una specie di “piano contro la povertà”, considerata la sofferenza sociale del Paese.

Idea meritoria, peraltro simile alle proposte del Pd. Del resto lo stesso governo Renzi ha giustificato così gli 80 euro. Ma il reddito di cittadinanza e altre trovate simili sono conciliabili con le nostre finanze pubbliche e soprattutto sono compatibili con quello che “l’Europa” – cioè la Germania – pretende da noi? La risposta è: no. A parte il fatto che non riusciamo nemmeno – dopo otto mesi – a dare cinquanta casette di legno ai terremotati, ma la cruda realtà è costituita dalla prossima manovra di aggiustamento di primavera (con l’incubo della procedura d’infrazione) e dalla stangata che ci aspetta in autunno.

Ancora lacrime e sangue. Inoltre la prospettiva per l’anno prossimo è decisamente nera a causa del rialzo del prezzo del petrolio e del costo del denaro (perché finisce l’operazione Draghi).

In questo contesto il “piano contro la povertà” è purtroppo impraticabile e ancor più lo è la solita idea berlusconiana di abbassamento delle tasse (aliquota unica al 22 per cento).

Si sta andando esattamente nella direzione contraria, quella di nuovi salassi, e Forza Italia non potrà fare opposizione al “partito tedesco” su cui è appiattita.

IL VERO PROBLEMA

Si dice che Renzi ha fatto perdere tre anni al Paese, perché i problemi (per esempio quelli del sistema bancario) si sono aggravati e la disoccupazione e la sofferenza sociale sono aumentate, infatti l’Italia è l’unico Paese della Ue che non supera l’1 per cento di crescita, è il fanalino di coda.

Oltretutto – si aggiunge – Renzi ci ha fatto perdere proprio i tre anni d’oro, quelli in cui c’erano le condizioni ideali per la ripresa, col costo del denaro e quello del petrolio bassissimi.

Ma, obiettivamente, Renzi – al netto della sua antipatica arroganza e dei suoi errori – ha fatto il possibile, la verità è che nelle condizioni date nessuno poteva vincere la sfida.

Il problema dunque non è (solo) Renzi, ma il cappio al collo che ha l’Italia. La colpa di Renzi (e di tutti gli altri) è semmai quella di non voler togliere quel cappio al collo del Paese.

SALVINI E MELONI

Ecco la questione che la Lega e Fratelli d’Italia pongono al centrodestra e all’Italia.

E’ il problema di fondo: il nostro interesse nazionale è ancora compatibile con “questa” Europa germanizzata e con l’euro? O stiamo andando a fare la fine della Grecia?

Infatti il diktat che i tedeschi da anni impongono all’Europa – tramite la Ue e tramite l’euro – vuole “più austerità”, cioè lacrime e sangue nella spesa pubblica, col presunto scopo di abbattere deficit e debito pubblico, nel miraggio che ciò porti alla crescita.

Ma i fatti – sia per la Grecia che per l’Italia – hanno dimostrato esattamente il contrario, ovvero che queste politiche di tagli e tasse per diminuire il deficit – oltre a produrre un massacro sociale – fanno esplodere il debito, invece di diminuirlo.

E con l’esplosione del debito s’innesca il circuito vizioso che sta stritolando la Grecia e anche l’Italia.

Non è solo la realtà a dirlo. Questo meccanismo suicida è stato anche studiato e ci sono centinaia di pagine di economisti che dimostrano che il baratro per l’Italia è l’esito inevitabile dell’euro e della “politica tedesca” (basti citare Alberto Bagnai, per restare ad autori italiani).

Del resto che l’euro sia stato (e sia) un affare colossale per la Germania e una rovina per l’Italia ormai sono i dati a dirlo, oltre ad una quantità di autorità internazionali.

Ecco perché le due prospettive del centrodestra sembrano diametralmente opposte e parrebbero portare alla frattura definitiva. Ma è così inevitabile? In realtà i due fronti possono trovare un cammino comune.

UNA POSSIBILITA’

Infatti il tema della compatibilità dell’Italia nell’eurozona germanica, non è più un problema posto da Salvini o dalla Meloni, ma si avvia ad essere “la” questione posta dalla realtà e dall’Europa stessa.

Il progetto di Europa “a due velocità” già prospettato dalla Merkel di fatto ci vede già fuori. Anche le prossime scadenze elettorali potrebbero essere dirompenti per la Ue, specie se in Francia vincerà la Le Pen. C’è infine la Brexit che cambia lo scenario e soprattutto la svolta di Trump che ha messo nel mirino l’euro ritenendolo di fatto una “SuperGermania”.

In questa prospettiva delineare una “Exit strategy”, con diverse varibili, diventa essenziale anche per lo stesso Berlusconi. Perché non possiamo permetterci di essere travolti dagli eventi.

Allora, invece di progettare “sgambetti” a Salvini, sarebbe il caso che Berlusconi stesso si facesse promotore di un grande dibattito pubblico dentro al centrodestra. Un tempo si parlava di “conferenza programmatica”.

Sarebbe interessante confrontare le idee di addetti ai lavori come Martino, Brunetta e Tremonti con le questioni poste da Lega e Fratelli d’Italia.

Potrebbero venirne fuori idee preziose per l’Italia che è attesa da mesi drammatici. Potrebbe anche uscirne un realistico programma di ripresa, di rinascita, che sa modularsi secondo due o tre scenari diversi. E’ la grande chance del centrodestra. O così o condannarsi all’implosione.

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Antonio Socci

Da “Libero”, 26 febbraio 2017

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