L’Unità di ieri, con una grande foto in prima pagina, ha annunciato la morte di Aldo Tortorella: “Addio vecchio, grande Pci. Se n’è andato anche Tortorella”. Un titolo pieno di rimpianto e di nostalgia per il Partito comunista più forte che c’era in occidente.

Sono parole che esprimono i sentimenti del direttore Piero Sansonetti, ma che sono anche diffusi nel popolo di sinistra, come hanno dimostrato le celebrazioni recenti di Enrico Berlinguer (perfino effigiato sulla tessera del Pd del 2024). Resta il grande punto interrogativo su cosa è stato il Pci nella storia d’Italia. È un tema che si dovrebbe approfondire con sguardo critico e non apologetico.

Fra le cose da studiare – oltre ai rapporti del partito con l’Urss – ci sono vari aspetti della vicenda di Antonio Gramsci, la sua storia concreta che sta sotto l’agiografia. Compreso il dettaglio che proprio la prima pagina dell’Unitàcontinua a riproporre ancora oggi sotto la testata: “Fondata da Antonio Gramsci”.

Davvero il famoso giornale del Pci fu fondato da Gramsci? Non sembra, leggendo la ricostruzione dei fatti di Luigi Nieddu nel libro L’ombra di Mosca sulla tomba di Gramsci (e il Quaderno della Quisisana) edito da Le Lettere.

Lo storico spiega che Gramsci, a Mosca nel 1922-1923, si scontrò con il potente capo dell’Internazionale comunista. Il politico sardo fu isolato e Zinovievimpose la sua strategia ai comunisti italiani. Fra l’altro fece “deliberare dal Presidium dell’Internazionale la fondazione di un quotidiano” che fu comunicata ai compagni italiani da Otto Kuusinen.

Gramsci” scrive Nieddu  “era venuto a conoscenza del fatto compiuto solo qualche giorno dopo… Il nuovo quotidiano iniziava le pubblicazioni nel febbraio 1924… per facilitare l’unione dei ‘terzini’ con i comunisti e, per questo motivo, veniva chiamato l’Unità”.

Dopo le elezioni di quell’anno ebbe come sottotitolo “Quotidiano del Pcd’I” e poi “Quotidiano del Partito comunista italiano” che “soltanto nel 1994 diventava ‘fondato da Antonio Gramsci nel 1924’, particolare mai fino a ora evidenziato. In realtà” spiega Nieddu “il quotidiano era stato fondato – contrariamente alla vigente vulgata – per ovviare all’antifusionismo di Gramsci, Togliatti, Scoccimarro e di tanti altri livornisti. Nessun dirigente comunista, e tanto meno Gramsci,” scrive lo storico “aveva allora titolo e mezzi per fondare un quotidiano di quel genere, all’infuori del presidente dell’Internazionale Zinoviev, innominabile nel 1994”.

L’attribuzione postuma a Gramsci “poggiava e poggia unicamente sulla tardiva scoperta delle lettera del 12 settembre 1923” in cui suggeriva quel titolo senza sottotitoli. Ma non fu lui il fondatore. L’operazione politico-editoriale fu voluta da Mosca.

Del resto si continua tuttora a presentare Gramsci pure come il fondatore del Partito comunista mentre in realtà il vero fondatore fu Amadeo Bordiga con il placet di Mosca.

Scrive Angelo d’Orsi: “il ruolo di Gramsci al XVII Congresso del Psi, che segnò l’inizio della storia del Pcd’I, fu modesto”. Partecipò al “raduno al teatro Goldoni di Livorno” nel gennaio 1921 “assieme ai compagni della Sezione torinese, fatta eccezione per Togliatti rimasto a Torino”, ma “Gramsci non prese la parola in quell’occasione”.

Silenzio che, secondo D’Orsi, significava “disagio interiore e incertezza politica”. Come spiegò Camilla Ravera: “In quell’atmosfera, Gramsci sentì l’isolamento del proprio complesso, profondo, pensiero. Non parlò”.

La verità? Fu sempre un isolato.

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Antonio Socci

Da “Libero”, 8 febbraio 2025