È pressoché impossibile trovare qualche statista che abbia collezionato una serie di gaffe come l’attuale presidente americano Joe Biden.

Gli infortuni sono cominciati fin all’inizio del suo mandato e talvolta hanno avuto aspetti comici (e umanamente comprensibili) come la flatulenza sfuggita – secondo il Daily Mail – davanti al principe Carlo e a Camilla alla Cop26 di Glasgow (dove si discuteva di emissioni nocive nell’atmosfera).

O come quando – durante un discorso in cui fissava palesemente il gobbo– ha letto pure le parole tra parentesi che non doveva leggere. O quando ha detto che “Putin potrà anche circondare Kiev, ma non potrà mai conquistare i cuori e le anime del popolo iraniano”.

Ma con la guerra Russia/Ucraina la questione si è fatta drammatica. Ora ogni volta che Biden apre bocca ci avvicina alla terza guerra mondiale. Mentre tutti cercano di spegnere l’incendio, Biden, parlando a Varsavia, sabato, ha visto bene di alimentarlo con una cascata di benzinadefinendo Putin “un macellaio” (dopo averlo chiamato “assassino” e “criminale di guerra”). Continua

Oggi – a proposito della guerra in Ucraina – il famoso “elefante nella stanza”, cioè la clamorosa verità che si finge di non vedere, è rappresentato dalla contrapposizione fra gran parte degli italiani e il Palazzo della politica e dei media.

Il Parlamento, quasi all’unanimità, ha deciso di inviare armi in Ucraina, con il sostegno del sistema mediatico. Angelo Panebianco, in un editoriale sul Corriere della sera, ha rilevato che su questo invio di armi c’è “l’opposizione di alcuni, pochi ma forse non del tutto isolati nella pubblica opinione”.

In realtà l’acuto analista non vede l’elefante, perché, con buona pace sua e del Corriere, la gran maggioranza dell’opinione pubblica ha espresso un clamoroso e sorprendente “no”. È incredibile che sia stata snobbata sia dalla politica che dai media.

Il primo sondaggio, uscito su “Domani” all’inizio di marzo, ha svelato che per il 76 per cento degli italiani non si deve dare “nessun sostegno militare alla guerra”.

A metà del mese EMG per Agorà ha chiesto “lei è d’accordo con l’invio all’Ucraina di armi da parte dell’Italia?”. Il 33 per cento ha detto sì, il 12 per cento non risponde e il 55 per cento ha risposto no.

Sono risultati impressionanti perché contrapposti alla sostanziale unanimità del Parlamento sull’invio di armi. Ancor più straordinari se si considera il “bombardamento” mediatico molto emotivo di queste settimane. Continua

Ci sono molte drammatiche analogie fra i giorni che stiamo vivendo e quelli che precedettero la Prima guerra mondiale, da cui scaturirono i totalitarismi del Novecento e la Seconda guerra mondiale, con i fantasmi che ancora oggi agitano il mondo.

Anche cento anni fa si poteva intuire quale abisso stava per spalancarsi. Il 29 luglio 1914, Winston Churchill scriveva a sua moglie: “Ogni cosa tende alla catastrofe e al collasso (come se) un’ondata di follia avesse colpito la mente del mondo cristiano”.

E il ministro degli esteri inglese, Edward Grey, il 3 agosto 1914, mentre si stava decidendo l’entrata in guerra, affermò: “Le luci si stanno spegnendo in tutta l’Europa. Dubito che le vedremo accendersi di nuovo nel corso della nostra vita”.

Fu una carneficina. Il papa Benedetto XV continuò a implorare la fine dell’“inutile strage”. Ma nessuno lo ascoltò. Come oggi i potenti non ascoltano l’identico grido di papa Francesco, anche se rischiamo una terza guerra mondiale e l’apocalisse nucleare. Continua

Certi “compagni” italiani sono stupefacenti. Crolla il comunismo sovietico e il Pci, dopo aver sventolato per 70 anni la bandiera rossa con falce e martello dell’Urss (il Pci nacque dallo slogan “facciamo come in Russia”), fischiettando cambia casacca e di colpo si dice liberale. Oplà.

Nel ‘98 in Italia il primo (post)comunista, Massimo D’Alema, diventa premier e il suo governo passa alla storia per aver partecipato, come fidato membro della Nato, al bombardamento della Serbia (contro il compagno Milosevic).

Nel 2006 è eletto presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, che era già dirigente del Pci al tempo di Togliatti (e Stalin) ed è rimasto comunista fino al crollo del Muro di Berlino. A Washington la sua presidenza è stimata. Nel corso del suo mandato l’Italia partecipa alla guerra alla Libia.

Ora, con l’invasione russa dell’Ucraina, certe personalità che arrivano dal mondo comunista si mostrano come zelanti sostenitori delle posizioni atlantiste più bellicose, contro il nuovo Impero del Male impersonato da Vladimir Putin.

Infine – e a questo punto il rovesciamento delle parti è completo – si arriva ad affibbiare Putin al centrodestra italiano, il quale è così confuso e afono di questi tempi da non saper reagire. Continua

Un giovanissimo soldato russo scende da un carro armato e, piangendo, chiede un bicchiere d’acqua a una donna ucraina. Le donne hanno qualcosa di misterioso nell’anima. Lei adesso non vede davanti a sé un invasore, ma un povero figlio. Così gli dà da bere e qualcosa da mangiare. Poi gli offre il suo cellulare per parlare con la mamma…

Edith Bruck, una delle ultime testimoni della Shoah, ha voluto ricordare questo episodio in una bellissima intervista ad “Avvenire” l’8 marzo ( QUI ). È la grandezza delle donne. La logica amico/nemico non è tutto: c’è qualcosa di più grande nell’anima umana che di colpo la può spazzar via. Continua

Il nono anniversario della sua elezione – ieri – è stato per papa Francesco il più triste. Addirittura angoscioso. Perché dopo aver lanciato l’allarme per anni sulla terza guerra mondiale che si stava combattendo “a capitoli”, ora si ritrova un mondo che rischia di precipitare definitivamente in una guerra planetaria. Che sarebbe l’ultima…

E incredibilmente – dopo che nessuno ha ascoltato i suoi allarmi, compresi quelli contro la corsa agli armamenti degli Stati – c’è chi afferma, come il quotidiano Le Monde, che la sua condanna della guerra in Ucraina non è come a Parigi si vorrebbe.

Eppure è impossibile equivocare i suoi interventi. Nessuno in queste settimane ha pronunciato parole così forti di condanna del conflitto, dell’odio, e di pietà e solidarietà per le vittime.

Ieri all’Angelus ancora più accorato ha detto:

Fratelli e sorelle, abbiamo appena pregato la Vergine Maria. Questa settimana la città che ne porta il nome, Mariupol, è diventata una città martire della guerra straziante che sta devastando l’Ucraina. Davanti alla barbarie dell’uccisione di bambini, di innocenti e di civili inerminon ci sono ragioni strategiche che tengano: c’è solo da cessare l’inaccettabile aggressione armata, prima che riduca le città a cimiteri. Col dolore nel cuore unisco la mia voce a quella della gente comune, che implora la fine della guerra. In nome di Dio, si ascolti il grido di chi soffre e si ponga fine ai bombardamenti e agli attacchi! Si punti veramente e decisamente sul negoziato, e i corridoi umanitari siano effettivi e sicuri. In nome di Dio, vi chiedo: fermate questo massacro!”

Poi ha esortato di nuovo “all’accoglienza dei tanti rifugiati, nei quali è presente Cristo”, ha ringraziato “per la grande rete di solidarietà che si è formata” e ha chiesto a tutta la Chiesa di intensificare “i momenti di preghiera per la pace” perché “Dio è solo Dio della pace, non è Dio della guerra, e chi appoggia la violenza ne profana il nome. Ora preghiamo in silenzio per chi soffre e perché Dio converta i cuori a una ferma volontà di pace”. Continua

Come ha scritto Tomaso Montanari, un intellettuale di sinistra, è tragicomico vedere “ex comunisti, operaisti, esponenti di Lotta Continua” che, per far dimenticare il loro passato, oggi sull’Ucraina sono “passati all’occidentalismo fanatico”. Sembrano Luttwak.

La devozione alla Casa Bianca, per alcuni ex, è granitica come ieri quella del Pci verso il Cremlino rosso.

Non pensano all’interesse degli europei (italiani compresi) i quali non vogliono sprofondare in un guerra duratura e nella catastrofe economica. Loro sognano di abbattere Putin (come vorrebbe Biden).

Un esempio? Il Corriere della sera. Da un po’ è diventato “l’Unità del terzo millennio”: vengono infatti dall’Unità sia il direttore, sia i principali editorialisti come Walter Veltroni e Antonio Polito (Paolo Mieli viene addirittura da “Potere operaio”…). Continua

Al tempo di Stalin, negli anni Trenta, il Terrore prese di mira anche interi gruppi etnici come i “tedeschi del Volga”. Quasi due milioni di loro furono deportati in Siberia.

Don Paolo Pezzi, nel suo  libro “La piccola Chiesa nella grande Russia” (Ares), racconta: “La maggior parte morì durante il viaggio, poiché questi spostamenti venivano effettuati in inverno e in alcuni casi i treni venivano aperti e i deportati fatti scendere nel nulla, con il villaggio più vicino magari ad alcune decine di chilometri”.

I pochi che sopravvissero costruirono baracche e villaggi che in certi casi divennero vere città. Questa popolazione in parte cattolica ha vissuto decenni senza vedere sacerdoti. Crollato il comunismo, nei primi anni Novanta, alcuni giovani della Fraternità sacerdotale San Carlo Borromeo, vicino a Comunione e Liberazione, partono per quelle terre dove, in inverno, la temperatura giunge anche a meno 35 sotto zero. Continua

Siamo sicuri di aver bisogno di un Nemico da odiare? È una pulsione profonda del nostro animo che è smarrito e ferito dal male. Non a caso la parola “diavolo” viene dal greco “dia-bàllein” che significa separare, contrapporre.

Infatti il diavolo vede tutti come nemici, mentre Cristo non considera nessuno come nemico, neanche chi lo sta uccidendo (ma questa “follia” è una cosa dell’altro mondo e ci tornerò dopo). Nell’incertezza della nostra solitudine (“chi sono io?”), il Nemico diventa la scorciatoia per darsi un surrogato di identità e uno scopo di vita.

Umberto Eco in “Costruire il nemico” scrive: “Pare che del nemico non si possa fare a meno. La figura del nemico non può essere abolita dai processi di civilizzazione. Il bisogno è connaturato anche all’uomo mite e amico della pace”. Continua

“Forse dovremmo smetterla di dire che la pace è tra i valori della sinistra italiana. Mi pare, al contrario, che la sinistra sia guerrafondaia”.

A emettere questa drastica sentenza è padre Alex Zanotelli, simbolo del pacifismo italiano, in una intervista al “Fatto quotidiano”. Ed ha ragione, perché stavolta più che mai a calzare l’elmetto e suonare la carica è stato proprio il Pd.

Un po’ perché certi post comunisti devono far dimenticare di essere stati comunisti al tempo dell’Urss e dunque si “arruolano” fra i più oltranzisti fanti della Nato (fanti da salotto, ovviamente, non da trincea).

Un po’ perché il segretario Letta punta visibilmente a farsi notare in ambienti Usa come un fidatissimo e acritico paladino e finisce per essere più estremista della leadership americana. Infatti lui per primo, alla Camera, il 25 febbraio, ha invocato l’invio di armi in Ucraina e il Pd, capeggiando il partito della guerra, ha “trascinato” tutti. Con la Ue che ha messo fine alla favola dell’Europa pacifica e pacifista. Continua