L’ANTICONFORMISTA

Trasgressivo, irriverente, dissacrante, così viene sempre descritto Roberto Benigni dai media. Un marziano penserebbe quindi che una voce tanto corrosiva e scomoda per il Potere venga emarginata e silenziata.

In effetti l’attore toscano da anni è “perseguitato” da premi e onorificenze di tutti i tipi, a leggere l’elenco stilato da Alessandro Gnocchi (Giornale 16/4). L’anticonformista Benigni, nel corso della sua carriera, ha dovuto sopportare: “dieci lauree e un dottorato honoris causa; tre Oscar; mezza tonnellata di David di Donatello; il Grand Prix della Giuria al Festival di Cannes; un’altra quarantina di riconoscimenti internazionali. E’ anche Cavaliere di Gran Croce dell’Ordine al merito della Repubblica italiana e può appuntarsi sul petto la Medaglia d’oro ai benemeriti della cultura e dell’arte”.

La stampa svedese ha addirittura ipotizzato il Nobel per la letteratura per le sue letture della Commedia (come se l’avesse scritta lui).

Ora gli è stato inflitto il Leone d’Oro alla carriera della Mostra del Cinema di Venezia. Una vita grama, per lo “scomodo” Benigni, star di tutti i media, di tutte le autorità e i poteri. Una voce coraggiosa fuori dal coro.

 

POPULISTI

“La vera risposta all’ascesa del populismo non è esattamente più individualismo, ma l’opposto: una politica di fraternità” (Avvenire, 16/4). Così papa Bergoglio in un intervento a una conferenza internazionale.

Ci si aspetterebbe che un papa si battesse contro il dilagante laicismo, contro la scristianizzazione galoppante, le eresie, il nichilismo, l’ateismo di Stato e le persecuzioni dei credenti. Ma a Bergoglio non sembra interessare ciò che riguarda direttamente la fede: gli interessa la politica e ha individuato il suo Nemico assoluto nel populismo.

Ma c’è un problema. Chi sono i populisti? A leggere “Il populismo gesuita (Peron, Fidel, Bergoglio)”, scritto per Laterza da uno dei più autorevoli studiosi di America Latina, il professor Loris Zanatta, sembra che proprio lui, Giorgio Mario Bergoglio, sia oggi uno dei maggiori campioni del populismo.

 

PREVEGGENTE

L’uscita del libro di Filippo Facci, “30 aprile 1993”, induce a rileggere il volume del leader socialista “Io parlo e continuerò a parlare: Note e appunti sull’Italia vista da Hammamet” (Mondadori), dove trovo questo pensiero: “C’è da chiedersi perché si continua a magnificare l’entrata in Europa come una sorta di miraggio, dietro il quale si delineano le delizie del Paradiso terrestre. Non sarà così. Alle condizioni attuali, dal quadro dei vincoli così come sono stati definiti, ad aspettare l’Italia non c’è affatto un Paradiso terrestre. Senza una nuova trattativa e senza una definizione di nuove condizioni, l’Italia nella migliore delle ipotesi finirà in un limbo, ma nella peggiore andrà all’inferno”.

E ancora: “Non c’è nessun dibattito serio, salvo le intelligenti osservazioni di pochi euroscettici”.

 

ADULATORI

Federico Sanguineti ha pubblicato un divertente libriccino intitolato “Le parolacce di Dante Alighieri” dove ripropone anche i versi dedicati agli adulatori che si trovano nell’Inferno.

Il poeta in particolare parla di un lucchese (del suo stesso partito) che trova “tra la gente attuffata in uno sterco”. Lì vede “un col capo sì di merda lordo” che non si capiva se si trattava di chierico o laico. E quello, “battendosi la zucca”, gli spiega: “Qua giù m’hanno sommerso le lusinghe/ ond’io non ebbi mai la lingua stucca”. Siegmund Ginzberg lo definisce: “un leccaculo” (Il Foglio, 11/4). Personaggi del passato…

 

Antonio Socci

 

Da “Libero”, 23 aprile 2021

 

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