Da anni le tracce dei temi della maturità e le altre prove di esame rappresentano una grande occasione di divertimento e ilarità.
Negli anni di Berlinguer (e dintorni) al Ministero, che ribattezzammo della Pubblica Distruzione, dettero il “meglio” di sé addirittura con qualche errore di ortografia (“dai”, voce del verbo dare, veniva scritto “dà” con l’accento anziché con l’apostrofo) e con una sequela di citazioni sbagliate: da Majakovskij a Newton, da Marinetti a Bobbio (il quale comprensibilmente s’inviperì). Serviva forse a far divertire gli studenti. Perfino il titolo di un film di Chaplin uscì malconcio dagli uffici ministeriali.

Una volta hanno sbagliato a trascrivere un brano (era tratto dalla Guida alla storia contemporanea di Barraclough) che doveva servire ai ragazzi come documento di riflessione. E – per dire – in un’altra traccia dettero la sensazione di ignorare la storia dei governi di Giolitti e della Grande Guerra. Continua

Cosa direbbe don Giussani dopo i fatti degli ultimi tempi? Come aiuterebbe tutta la Chiesa a comprendere il momento presente e il suo compito? A me piacerebbe ascoltare. Perché non parlarne, con libertà e cordialità? Continua

Non basta ammettere a malincuore, come il mio amico Filippo Facci mercoledì sul Giornale, che il referendum è stato stravinto (dalla mia parte di stranicristiani e stranilaici), per poi aggiungere che il quorum è “tecnicamente irraggiungibile” se qualcuno decide di usare l’astensionismo e dunque il 12 giugno non è avvenuto nulla di clamoroso.

Troppo semplicistico (non è neanche vero statisticamente). Dall’intelligenza pungente di Facci mi aspetto un’interpretazione più profonda. Quella che ha pubblicato mercoledì può servire per minimizzare un grande evento storico o per chiudere il discorso senza mettersi in discussione. Io invece voglio capire.
Sono soprattutto le dimensioni del fenomeno che invalidano la tesi di Facci. Una cosa è mancare il quorum di qualche decimale (come avvenne nel 1999, quando il referendum ebbe il 49,6 per cento dei votanti o nel 2000 quando ebbe il 32) perché qualche partito si è schierato per l’astensione. Continua

Signor Berlusconi,
non sapevo che anche lei stava dalla nostra parte (quella astensionista). Sapevo di Casini e di Rutelli e di Pera, che si sono presi il loro bel linciaggio, non di lei. Certo, è stato in fondo un bene che non si sia schierato pubblicamente, altrimenti sarebbe diventato il solito referendum sul Cavaliere. Ma proprio questa sua posizione defilata tenuta fino alla fine, avrebbe dovuto consigliarle, per il dopo, una certa pensosa sobrietà. Avrebbe dimostrato prudenza e lungimiranza facendo i complimenti ai vincitori del referendum che hanno combattuto una battaglia impari e temeraria. Avrebbe dovuto impegnarsi a riflettere sull’evento storico, paragonabile al 18 aprile 1948 (sinceramente non date l’impressione di averlo colto). Continua

Tutta la stampa, la tv, gran parte della politica, dei nani e delle ballerine da una parte. Il 75 per cento degli italiani dall’altra. Perché non ne prendono atto? Perché non si dimettono?

E’ stato uno dei referendum più fallimentari della storia repubblicana. Eppure aveva avuto dalla sua un colossale apparato propagandistico. Il “Partito unico dei senza quorum” comprendeva tutti i potenti: dai più grossi giornali e media che bombardavano “a reti unificate”, a tutta la Sinistra (mobilitatissima, Cgil compresa), fino al quotidiano della Confindustria, poi pezzi della Destra e lobby di ogni tipo. Ma non hanno convinto neanche la metà degli elettori del solo centrosinistra. Non significa forse che i Fassino, i Bertinotti, i Prodi sono stati sfiduciati dal proprio popolo in questa deriva radicale che già Augusto Del Noce aveva colto? E’ stata per loro una disfatta di dimensioni storiche. Continua

La foto di Fini che vota in questi referendum (tre sì e un no) è da incorniciare. Dimostra quanto abbia capito il nostro Paese. Il formidabile articolo di Franco Bechis che rilanciamo dimostra che un politico di questo genere ha perduto ogni credibilità. Per sempre. C’est Fini. Continua

Nell’ottobre scorso, prima del cambio di direzione e della militarizzazione giacobina, sul Corriere della sera, si potevano ancora leggere editoriali di laici veri e competenti, come Ernesto Galli Della Loggia, sui temi della fecondazione artificiale e dei diritti umani.
Era il 6 ottobre 2004 e Galli poteva ancora scrivere: “Si ha l’impressione molto spesso, in Italia, che la vera sostanza del laicismo (cosa ben diversa dallo spirito laico) consista nella superficialità (talora assai rozza) con la quale esso è solito definire e/o interpretare la posizione cattolica.

Lo si sta vedendo ancora una volta da qualche tempo a proposito della legge sulla fecondazione assistita e di tutte le questioni relative.
Lo schieramento politico culturale laicista è infatti incline ad additare al pubblico disprezzo quanto sostiene la Chiesa e ricorrendo abitualmente ai graziosi epiteti di ‘oscurantista’, ‘medievale’, ‘nemico delle donne’, ‘reazionario’. Ne parla come un punto di vista fuori dalla storia, ma soprattutto privo della benché minima dignità culturale, intriso di pregiudizio antiscientifico e al servizio del puro e semplice desiderio della Chiesa e del clero di essere gli unici tribunali della coscienza. È difficile immaginare una delegittimazione piú radicale”. Continua

La trovata più esilarante di questa campagna referendaria è quella che il primo quotidiano italiano ha tranquillamente stampato il 15 maggio 2005, quando il referendario Umberto Veronesi ha solennemente proclamato: “gli embrioni degli scimpanzé sono progetti di esseri umani”.

In attesa che l’illustre luminare, coadiuvato dalle ostetriche del Corriere della sera, faccia nascere un bambino da un embrione di scimpanzé, vi regalo queste “perle” da antologia per capire l’importanza del NON VOTO (i miei commenti sono in corsivo). Continua

Nel giugno del 2003, i Ds, il partito di Fassino, D’Alema, della Melandri e di Turci, emanò questa decisa direttiva in vista del referendum sull’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori: “Noi diamo una indicazione di astensione attiva, consapevole, forte. Non è un modo ipocrita di nascondere differenze di posizione interne, non è alchimia politica di bassa lega, non è un modo per non scegliere, per neutralità o equidistanza, o per confondere le idee. E’ un preciso modo di scegliere e di indicare una posizione.
E’ proprio per questo che nei referendum abrogativi di leggi vigenti è richiesto il superamento del quorum. Per evitare che si decida sulla base della prevalenza di indicazioni di voto di una minoranza della popolazione. Per consentire di esprimere una precisa scelta, una volta non condiviso il referendum….L’astensione attiva è una espressione di voto, che evita il pronunciamento qualora si consideri inadeguato o sbagliato sia il voto positivo che quello negativo”. Continua