Ma oggi riapriranno le scuole o i manicomi? In teoria le scuole, ma – Ionesco e Beckett: “scansateve” – dal suono della campanella rischieranno di diventare tanti surreali manicomi o migliaia di teatri dell’assurdo per tutte le norme di “sanificazione” e distanziamento da applicare.

Poi forse (chissà) i nostri ardimentosi insegnanti, i presidi e i nostri studenti ce la faranno ogni giorno dell’anno scolastico (meritando così una medaglia d’oro al valore), ma a detrimento delle lezioni e dei contenuti che la scuola dovrebbe trasmettere.

Prescindo dalla misurazione della febbre (a casa) e da tutte le norme per ingressi e uscite che già, con migliaia di ragazzi che si affollano, sarà un macello (percorsi, turni, sanificazione, distanza eccetera). Cosa accade una volta in classe? Continua

C’è uno slogan del Sessantotto che ha fatto tanti danni: “Tutto è politica”. Siccome dovunque l’establishment è costituito (o egemonizzato) da ex Sessantottini, questa è diventata ormai la mentalità dominante. Tutto è politica significa che tutto è propaganda. La realtà per loro non esiste e la verità cambia a seconda delle convenienze. Lo si vede in questi giorni con i vaccini anti-Covid.

Per mesi tutti, a cominciare da Onu e OMS, hanno enfatizzato il salvifico arrivo del vaccino presentato come la panacea che avrebbe risolto tutti i nostri problemi e il magnate Bill Gates sui media vestiva i panni del “messia” dei vaccini. Continua

E’ un fenomeno che ha dell’incredibile. Dappertutto (tanto più in Italia), quando si verifica un disastro, la domanda immediata che ci si pone – soprattutto sui media – è la seguente: chi ne è responsabile? Accade sempre.

Ebbene, da otto mesi subiamo la più grave catastrofe dalla Seconda guerra mondiale, una pandemia che non ha fatto solo centinaia di migliaia di morti nel mondo e 35 mila in Italia, ma che ha devastato le economie di tutto il globo (la nostra più di tutte) e sta continuando a paralizzare la vita sociale, economica e politica dei popoli.

Eppure in questo caso, e solo in questo caso, non si trova nessuno che indichi le responsabilità o si chieda “di chi è la colpa?”

Perché il colpevole è ignoto? No, è notissimo. Si tratta della Cina comunista. La cui responsabilità è chiara.

Il 1° aprile scorso il cardinale Charles Maung Bo, presidente della Federazione delle Conferenze episcopali asiatiche ha scritto: “c’è un governo che ha la responsabilità primaria, a motivo di ciò che ha fatto e di ciò che ha mancato di fare, e questo è il regime del Partito comunista cinese a Pechino (…) Bugie e propaganda hanno messo in pericolo milioni di vite in tutto il mondo… questo regime è responsabile, attraverso la sua negligenza e repressione criminale, della pandemia che oggi dilaga nelle nostre strade”.

Quale altro giornale italiano, oltre a “Libero”, ha riportato queste parole? Ma c’è ancora di più.

Il professor Joseph Tritto nel libro “Cina Covid-19” (Cantagalli) mostra che a quel tipo di virus si arriva con l’ingegneria genetica e siccome a Wuhan, dove è scoppiata l’epidemia, c’è proprio un laboratorio che da anni lavora esattamente su quei “prodotti”, la conclusione è chiara.

Tritto fa anche i nomi di chi lavorava in quel laboratorio ed era capace di progettare questo virus chimerico ricombinante e di produrne dei cloni (in questo caso evidentemente il virus è sfuggito di mano per carenza di sicurezza).

Coloro che sostengono che invece esso è di origine naturale hanno l’onere di illustrare come può essere venuto fuori per processi naturali un virus chimerico ricombinante e come può aver dato il via all’epidemia fra gli uomini. Nessuno finora lo ha fatto. Continua

Per milioni di italiani il Covid cinese è stata una sciagura da superare quanto prima. Ma c’è qualcuno per cui sembra sia stata una manna: la Sinistra. Lo dicono loro stessi.

Il direttore dell’Espresso, Marco Damilano, è un analista molto di parte, ma intelligente e non banale. Sull’Espresso di questa settimana parla di una “destra mondiale” che incanta i popoli perché evidentemente interpreta gli interessi delle persone concrete.

Ma Damilano aggiunge: “Tutto questo è sembrato interrompersi con la pandemia. Si è inceppata la macchina militare comunicativa imposta dalla destra mondiale e subìta dalla sinistra evanescente”, quella sinistra che “non sa parlare al Paese, preferisce occupare i minuti dei pastoni dei telegiornali della sera piuttosto che qualche angolo dell’immaginario. Non è stata una reazione di segno opposto a impantanare i sovranisti nelle loro contraddizioni, ma la realtà incontrollabile di un virus che ha sbugiardato molti luoghi comuni”.

In realtà il virus ha confermato proprio gli argomenti del centrodestra: dal pericolo cinese, alla necessità del controllo delle frontiere, dai danni della globalizzazione, alla necessaria sovranità monetaria, alla necessità di riportare le produzioni in patria (fino all’utilità della plastica). Continua

Se qualcuno in futuro scriverà la storia del giornalismo italiano attorno al 2000, certe prime pagine dei quotidiani di ieri meriteranno una menzione nella categoria “stravaganze surreali” (o forse “Socialismo surreale”).

Infatti giovedì è uscita una notizia non proprio irrilevante. Palazzo Chigi ha comunicato: “Il Presidente del Consiglio Conte e i Ministri Bonafede, Di Maio, Gualtieri, Guerini, Lamorgese e Speranza hanno ricevuto una notifica riguardante un avviso ex art. 6, comma 2, legge cost. n. 1/1989 da parte della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Roma. L’avviso riguarda la trasmissione al Collegio (…) degli atti di un procedimento penale iscritto per i delitti di cui agli artt. 110, 438, 452 e 589, 323, 283, 294 c.p., che origina da varie denunce da parte di soggetti terzi provenienti da varie parti d’Italia”.

Cioè la procura della Repubblica di Roma ha trasmesso al Tribunale dei ministri denunce a carico del premier e di sei ministri per ipotesi di reato che vanno dall’epidemia colposa ai delitti contro la salute pubblica, dall’abuso d’ufficio all’attentato contro la Costituzione e ai delitti contro i diritti politici dei cittadini.

Ovviamente ieri “Libero”, come pochissime testate non allineate, ha aperto la prima pagina su questo. Se avessimo un governo di centrodestra tutti i quotidiani lo avrebbero fatto con grande clamore, anche perché, comunque la si giudichi nel merito, è una notizia importante. Continua

C’è una vittima illustre del Covid, la più illustre, eppure è passata inosservata: Dio. Non poteva esser “fatto fuori” dal Covid, ma è stato cancellato dagli uomini a motivo (o con il pretesto) del Covid. Non si tratta solo di ciò che è avvenuto nei mesi del lockdown – una sorta di blackout della Chiesa – che è stato clamoroso e non ha precedenti in duemila anni di storia.

La cancellazione di Dio è stata anche più radicale. Fa discutere in questi giorni la “Pontificia Accademia per la vita”, al cui vertice papa Bergoglioha voluto mons. Vincenzo Paglia, della Comunità di S. Egidio.

L’Accademia ha appena emanato un documento dal titolo altisonante, “L’Humana communitas nell’era della pandemia: riflessioni inattuali sulla rinascita della vita”. Un testo di 29.128 caratteri dove non si trovano mai (proprio mai) le parole Dio, Gesù Cristo, fede e religione. C’è cinque volte la parola “salute”, ma non c’è mai la parola “salvezza”. Continua

La pandemia è un’immensa sciagura, per tutti i popoli. Ma c’è stato (e c’è) un uso politico della paura da parte di certe élite di governo? E con quali scopi? Ha ragione chi ritiene che sia in corso un gigantesco e inquietante esperimento politico?

A parlarne sono alcuni pensatori “non allineati” che subito il sistema mediatico delegittima bollandoli come “complottisti”. Ma a notare che qualcosa di strano sta accadendo è anche – per esempio – il pensatore simbolo dell’europeismo mainstream, Bernard Henri Lévy, che ha appena pubblicato un libro: “Il virus che rende folli”.

Lévy nota, giustamente, che l’epidemia di Covid non è stata affatto una novità apocalittica nei nostri anni. Rammenta l’influenza di Hong Kong, “dopo il maggio ‘68”, che fece un milione di morti “per emorragia polmonare o soffocamento” o, dieci anni prima, l’influenza asiatica, arrivata sempre dalla Cina, che fece due milioni di morti. Continua

Proprio mentre Giuseppe Conte annuncia il prolungamento dello stato d’emergenza è uscito il libro di Giorgio Agamben, “A che punto siamo?”(Quodlibet) dove il filosofo raccoglie i suoi interventi, così controversi, scritti durante e contro il lockdown, e dove aveva previsto che lo stato d’eccezione sarebbe stato prolungato.

Agamben è uno dei filosofi italiani più tradotti e stimati all’estero. Infatti è stato intervistato da diversi giornali stranieri e (sebbene sia, da sempre, culturalmente “di sinistra”) è stato ignorato dai nostri media che non sopportano pensieri difformi.

Quello che vorrebbe farci vedere è “la trasformazione di cui siamo testimoni” nella vita politica e sociale, che “opera attraverso l’istaurazione di un puro e semplice terrore sanitario e di una sorta di religione della salute”.
Il pensatore denuncia la trasformazione dello stato d’eccezione in una prassi che diventerà sempre più normale, finendo per liquidare la democrazia borghese parlamentare così come l’abbiamo finora conosciuta, trasformandola in un’altra cosa che non è ancora definita. Continua

Francesco Merlo, su “Repubblica”, ha ironizzato sui surreali auto elogi di Giuseppe Conte: “alle 18 una breve conferenza stampa con un’autocelebrazione davvero imbarazzante: ‘siamo stati d’esempio’, ‘ci è stato riconosciuto di avere indirettamente salvato vite umane in Europa’. E via con l’ elogio del proprio coraggio”.

In effetti è stupefacente che il premier di uno dei paesi più colpiti e danneggiati dal Covid-19 si autoincensi con toni così trionfalistici e addirittura arrivi a rivendicare dei (non meglio precisati) meriti continentali.

Ma è ancora più sorprendente che gli auto elogiatori governativi finiscano col credere davvero alla propria propaganda cosicché – come si dice a Roma – “se la cantano e se la suonano da soli”, senza preoccuparsi della realtà dei fatti. Continua

È passato poco più di un anno, ma tutti fingono di aver dimenticato cosa accadde fra l’autunno 2018 e la primavera 2019. Ricordate?

Il Giornale Unico del Partito Conformista Italiano (Pci), con l’establishment Ue, già dal settembre 2018 cominciò a sparare a zero perché il Def del governo gialloverde per il 2019 – su impulso della Lega – prevedeva un rapporto deficit/pil al 2,4%.

Era giustificato quell’allarme apocalittico? No, era infondato. Infatti i precedenti governi Pd, con Padoan all’Economia, nei loro Def, avevano previsto il rapporto deficit/Pil all’1,4% nel 2016 e nella realtà si era poi attestato al 2,5. Lo avevano previsto all’1,8% nel 2017 e poi era andato al 2,3%. Continua