Con la guerra in Ucraina d’improvviso nei talk show e sui giornali è apparso un particolare tipo umano che impartisce lezioni a tutti: uno che era comunista al tempo dell’Urss (compagno del Pci o della sinistra extraparlamentare) e oggi sfoggia un atlantismo fervoroso e luccicante come un F-35.

Questi neo-atlantisti, dopo la piroetta da Est a Ovest, pretendono pure di insegnare l’atlantismo a chi è sempre stato anticomunista e dalla parte dell’Occidente. Inoltre sono i più zelanti cacciatori di presunti “putiniani” che vedono dappertutto, un po’ come negli anni Settanta i compagni accusavano di “fascismo” chiunque osasse dissentire da loro.

Di recente, in un talk show, Federico Rampini ha testualmente affermato: “negli anni Settanta non c’erano così tanti filorussi come oggi”.

Dove Rampini veda oggi tutti questi filorussi che vorrebbero vivere sotto Putin è un mistero. Ma ancora più misterioso è il fatto che non abbia visto le masse che negli anni Settanta sventolavano la bandiera rossa, applaudivano i compagni rivoluzionari di ogni latitudine e acclamavano i regimi comunisti (in quel decennio il Pci stava sul 30-35 per cento ed eravamo invasi dai gruppi extraparlamentari di sinistra). Continua

Le dichiarazioni di Berlusconi sulla guerra in Ucraina hanno fatto infuriare il “partito della guerra”, soprattutto perché è storicamente impossibile contestare l’atlantismo del Cavaliere.

Eppure ci hanno provato certi (autonominati) paladini dell’ortodossia atlantica che (com’è ovvio) arrivano tutti da sinistra.

Anzitutto Paolo Mieli (viene dal ’68 e da Potere operaio) che ieri ha addirittura assimilato Berlusconi ai “Partigiani della pace” del tempo di Togliatti (Berlusconi comunista?) in un editoriale sul “Corriere della sera”, diretto da Luciano Fontana, già capo dell’ufficio centrale dell’Unitàdi Veltroni, il quale Fontana, sempre ieri, ha sparato contro “quei politici molto comprensivi verso Putin” (ma è stato Macron a dichiarare che se si vuole la pace è meglio “non umiliare la Russia”).

Poi c’è Giuliano Ferrara, nato nell’élite comunista, che è stato sessantottino e dirigente del Pci. Sul “Foglio” dell’atlantismo dogmatico c’è pure Adriano Sofri – che fu capo e simbolo di “Lotta Continua” – di cui ieri è stata ripubblicata un’intervista a Pannella contro il pacifismo. Continua

Ieri Carlo De Benedetti – che si definì “la tessera numero 1 del Pd” – con un’intervista al “Corriere della sera” ha annichilito il Pd: la “linea Letta” sulla guerra in Ucraina è stata demolita, polverizzata.

La voce di De Benedetti non è importante solo per ciò che rappresenta come imprenditore. Anni fa Walter Veltroni (allora segretario del Pd) spiegava la battuta sulla “tessera n. 1” con il fatto che “i giornali di De Benedetti hanno avuto un ruolo molto importante nell’evoluzione della sinistra italiana. Ricordo quando, ai tempi del crollo del Muro e della trasformazione del Pci, coltivavamo con Scalfari il sogno di un partito che un giorno potesse unire i riformismi italiani. Quella spinta verso l’innovazione è stata la bussola della storia di De Benedetti editore”.

Dunque per la sua storia la voce dell’Ingegnere pesa molto e oggi abbatte la narrazione dominante del Pd. Già a fine marzo, a “Otto e mezzo”, aveva rifiutato la retorica bellicista esprimendosi contro l’aumento delle spese militari (deciso pressoché all’unanimità da governo e parlamento) e affermando che “questa guerra avrà conseguenze inenarrabili: anzitutto un enorme problema di fame nel mondo, uno shock energetico simile allo shock petrolifero del 1973 (che generò una recessione di anni), quindi recessione e crollo delle Borse”.

Un quadro apocalittico che già confutava gli “esportatori di democrazia” atlantisti pronti ad abbracciare l’idea di Biden di una guerra infinita che serve a logorare e abbattere Putin. Nell’intervista di ieri De Benedetti fa un’autentica lezione di politica al “partito della guerra”.

Anzitutto annuncia l’arrivo di masse enormi di affamati ora che la prospettiva della carestia planetaria, per il collasso del granaio del mondo e il blocco delle navi cariche di grano, si sta realizzando nei fatti. Continua

Nella famosa intervista a “The Atlantic” del 10 novembre 2016, Henry Kissinger disse:

Per capire Putin bisogna leggere Dostoevskij, non il Mein Kampf. Egli sa che la Russia è molto più debole di quanto non fosse una volta, anzi molto più debole degli Stati Uniti. È il capo di uno stato definito per secoli dalla sua grandezza imperiale, ma che poi ha perso 300 anni di storia imperiale con il crollo dell’Unione Sovietica. La Russia è strategicamente minacciata su ciascuno dei suoi confini: a oriente dall’incubo demografico della Cina; dall’incubo ideologico dell’Islam radicale lungo il suo confine meridionale; e, a Occidente, dall’Europa, che Mosca considera una sfida storica. La Russia cerca il riconoscimento come grande potenza, come pari e non come supplice in un sistema progettato dagli americani”.

In realtà, sebbene la Russia abbia subìto dall’Europa due micidiali invasioni (di Napoleone prima e di Hitler poi), è proprio all’Europa che la sua cultura appartiene ed è con l’Europa che deve ritrovare l’unità. Sa di doverlo fare. A tratti lo vuole, ma è una sorta di amore odio. Continua

“L’impressione è che l’intera umanità si stia recando a una sorta di appuntamento planetario con la propria violenza”. Lo scriveva, qualche anno fa, René Girard, uno dei grandi pensatori del nostro tempo.

Siamo arrivati a quell’appuntamento? Sebbene preoccupati dalla guerra in Ucraina, fatichiamo a comprendere la reale gravità della situazione. Eppure questa Pasqua dell’anno 2022 potrebbe davvero essere l’ultima. L’ultima della civiltà umana. Non è un’esagerazione.

L’escalation è evidente. Non c’è solo il probabile ulteriore allargamento della Nato a Finlandia e Svezia. Ormai l’impegno americano nella guerra è massiccio e dopo l’approvazione da parte di Biden dell’invio di nuove micidiali armi all’Ucraina per altri 800 milioni di dollari (3 miliardi dall’inizio della guerra), con la nota diplomatica del 12 aprile la Russia ha ufficializzato l’avvertimento finale: “Chiediamo agli Stati Uniti e ai suoi alleati di fermare l’irresponsabile militarizzazione dell’Ucraina, che comporta conseguenze imprevedibili per la sicurezza regionale e internazionale”. Continua

È pressoché impossibile trovare qualche statista che abbia collezionato una serie di gaffe come l’attuale presidente americano Joe Biden.

Gli infortuni sono cominciati fin all’inizio del suo mandato e talvolta hanno avuto aspetti comici (e umanamente comprensibili) come la flatulenza sfuggita – secondo il Daily Mail – davanti al principe Carlo e a Camilla alla Cop26 di Glasgow (dove si discuteva di emissioni nocive nell’atmosfera).

O come quando – durante un discorso in cui fissava palesemente il gobbo– ha letto pure le parole tra parentesi che non doveva leggere. O quando ha detto che “Putin potrà anche circondare Kiev, ma non potrà mai conquistare i cuori e le anime del popolo iraniano”.

Ma con la guerra Russia/Ucraina la questione si è fatta drammatica. Ora ogni volta che Biden apre bocca ci avvicina alla terza guerra mondiale. Mentre tutti cercano di spegnere l’incendio, Biden, parlando a Varsavia, sabato, ha visto bene di alimentarlo con una cascata di benzinadefinendo Putin “un macellaio” (dopo averlo chiamato “assassino” e “criminale di guerra”). Continua

Oggi – a proposito della guerra in Ucraina – il famoso “elefante nella stanza”, cioè la clamorosa verità che si finge di non vedere, è rappresentato dalla contrapposizione fra gran parte degli italiani e il Palazzo della politica e dei media.

Il Parlamento, quasi all’unanimità, ha deciso di inviare armi in Ucraina, con il sostegno del sistema mediatico. Angelo Panebianco, in un editoriale sul Corriere della sera, ha rilevato che su questo invio di armi c’è “l’opposizione di alcuni, pochi ma forse non del tutto isolati nella pubblica opinione”.

In realtà l’acuto analista non vede l’elefante, perché, con buona pace sua e del Corriere, la gran maggioranza dell’opinione pubblica ha espresso un clamoroso e sorprendente “no”. È incredibile che sia stata snobbata sia dalla politica che dai media.

Il primo sondaggio, uscito su “Domani” all’inizio di marzo, ha svelato che per il 76 per cento degli italiani non si deve dare “nessun sostegno militare alla guerra”.

A metà del mese EMG per Agorà ha chiesto “lei è d’accordo con l’invio all’Ucraina di armi da parte dell’Italia?”. Il 33 per cento ha detto sì, il 12 per cento non risponde e il 55 per cento ha risposto no.

Sono risultati impressionanti perché contrapposti alla sostanziale unanimità del Parlamento sull’invio di armi. Ancor più straordinari se si considera il “bombardamento” mediatico molto emotivo di queste settimane. Continua

A chi tira le fila del Grande Gioco, che sta oltreoceano e che usa i governanti europei come suoi soldatini, non importa un fico secco né degli ucraini né della pace.
Ha un solo obiettivo: scatenare il caos in Russia per abbattere Putin (lo stanno già confezionandolalla maniera di Saddam e Gheddafi) e può farlo sfruttanfo ora i gravissimi errori del leader russo.
Per arrivare a questo risultato ricorrono a mezzi mai usati prima: li chiamano sanzioni, ma è chiaro che, per la loro enormità non mirano semplicemente a indurre Putin a cessare l’invasione militare, ma puntano a creare il caos in Russia e abbattere Putin.
Però sono così gravi che possono destabilizzare gravemente non solo la Russia, ma tutte le economie dei paesi europei. A cominciare dall’Italia. Eppure nessuno ha la forza di sottrarsi a questa seconda guerra.
Non è lontano dal vero chi ha scritto che il governo italiano è pressoché commissariato. Oggi è addirittura entrato (di fatto) in guerra, come gli è stato imposto, senza che il paese, inconsapevole e incapace di reagire, se ne sia neanche reso conto.
Sulla scena c’è “la guerra in Ucraina”. Siamo tutti ubriacati di notizie sul fronte e ignoriamo quello che è accaduto nelle ultime ore ai piani alti delle cancellerie (per il governo italiano è stato un terremoto come si evince dalle decisioni caotiche, convulse e confuse delle ultime ore).
Il vero gioco americano, come ho detto, non punta alla pace, ma ha un bersaglio: Putin. Il quale potrebbe reagire in modo imprevedibile e pericolosissimo se messo con le spalle al muro.
In sintesi: c’è la la guerra in Ucraina iniziata da Putin ed è appena stata varata dagli Usa una “guerra mondiale economica” dalle conseguenze inimmaginabili.
Il “partito della guerra” che unisce Mosca e Washington (a cui sono accodati i governi europei) rischia di portarci in un baratro pazzesco. E’ quasi impossibile capire come uscire da queste due guerre.
Umanamente parlando ci si sente impotenti di fronte a questo scontro, per l’enormità delle forze in campo. Ma non bisogna mai dimenticare che c’è Qualcuno che è più grande e più forte di qualsiasi potenza terrena.
PERCIO’ A QUESTO PUNTO ALMENO UNA COSA POSSIAMO FARE TUTTI E SUBITO: PARTECIPARE ALLA GIORNATA DI PREGHIERA E DIGIUNO PER LA PACE A CUI IL PAPA CI HA CHIAMATO PER IL MERCOLEDI DELLE CENERI.
CHI HA LA GRAZIA DELLA FEDE SA CHE LA PREGHIERA PUO’ FARE MIRACOLI. LA MISERICORDIA DI DIO PUO’ “CREARE” SPIRAGLI DI SPERANZA INIMMAGINABILI PERFINO DOVE SEMBRA CHE NON CI SIA PIU’ NESSUNA SPERANZA.
Ecco le parole del Papa all’udienza del mercoledì: “Gesù ci ha insegnato che alla insensatezza diabolica della violenza si risponde con le armi di Dio, con la preghiera e il digiuno. La Regina della Pace preservi il mondo dalla follia della guerra”.
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Antonio Socci
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28 febbraio 2022

 

 

 

La voce della ragione e dell’umanità c’è: è quella del Papa. Ma resta inascoltata. Come cento anni fa accadde a Benedetto XV all’inizio della Prima guerra mondiale. Anche oggi si sente solo l’assordante “partito della guerra”.

Anzitutto a causa del leader russo Putin passato in poche ore dalle truppe al confine e dal riconoscimento delle province russofone, alla folle e tragica invasione dell’Ucraina, spingendosi poi addirittura all’apocalittica minaccia nucleare (“Chiunque tenti di crearci ostacoli o interferire sappia che la Russia risponderà con delle conseguenze mai viste prima. Siamo preparati a tutto”).

Ma il “partito della guerra” è sempre più forte anche qua. Le potenze occidentali, che hanno ignorato per otto anni il conflitto in Donbass – 14 mila morti fino ad oggi – scivolano ogni giorno di più nel bellicismo (che purtroppo hanno praticano per anni).

Nessuno lavora per il cessate il fuoco e la trattativa, ma anzi siamo passati velocemente dalle sanzioni alla Russia agli aiuti militari all’Ucraina, fomentando Kiev allo scontro (con dichiarazioni incendiarie) e, di fatto, inducendola a non negoziare. Si arriva fino a ipotizzare il coinvolgimento occidentale nella guerra che pure l’ex segretario alla Difesa Usa e Capo della Cia, Leon Panetta, ritiene possibile.

Il nostro generale Marco Bertolini dice: “I toni di Johnson sono duri, quasi vorrebbe entrare in guerra. Sono gli stessi toni di Biden. Non lo dicono apertamente, ma fosse per loro una guerra la affronterebbero volentieri”.  Continua

L’analisi più intelligente e realista, per capire la tragedia in corso fra Russia e Ucraina è uno straordinario articolo di Henry Kissinger, To settle the Ukraine crisis, start at the end, pubblicato sul Washington Post il 5 marzo del 2014 (eccolo QUI tradotto dal blog di Massimo Borghesi). Alla luce degli ultimi eventi questa analisi è ancora più attuale. E non a caso lo stesso Kissinger cita positivamente il pensiero di Solzenicyn, sulla vicenda Russia/Ucraina.

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Oggi tutti siamo sconcertati dalla drammatica scelta bellica della Russia e ci chiediamo cos’ha in mente Putin. Eppure, quando arrivò al potere, nel 1999, tese la mano all’Occidente, ipotizzando perfino l’adesione alla Nato. Ci fu l’accordo di Pratica di Mare con Bush, propiziato da Berlusconi, nel 2002, e l’ingresso della Russia nel G7.

Ma subito dopo gli Usa chiusero quella porta e capovolsero l’atteggiamento verso la Russia. Perché?

Anche una personalità di grande statura morale come il Premio Nobel Aleksandr Solzenicyn (1918-2008), provò a farci capire il tragico errore dell’Occidente. Basta leggere il suo libro “Ritorno in Russia. Discorsi e conversazioni 1994-2008” (Marsilio). Continua