Un altro canto di Caterina, un altro presagio
In questi giorni sto “scoprendo” la vita di Caterina nei cinque anni di università a Firenze. Soprattutto ascoltando i canti che faceva, dove esprimeva ciò che aveva dentro) sento vibrare la sua anima.
C’è stato specialmente un canto – insieme a “Ojos de cielo” (che ho già messo qui nel mio blog e potete sentirlo) – che mi ha colpito e anch’esso è un canto per la Madonna, anzi è il suo stesso pianto su Gesù deposto dalla Croce, si intitola “Voi ch’amate lo Criatore” ed è tratto dal laudario di Cortona, del XIII secolo.
Ho scoperto questa cosa di Caterina due anni fa, a Pasqua, perché diversi amici di CL di Firenze mi scrissero mail o sms dicendomi che si erano commossi durante la Via Crucis per aver sentito come Caterina aveva cantato quell’antica lauda.
Sono finalmente riuscito a procurarmi la registrazione e sono rimasto senza fiato… Non è solo la commozione di risentire la sua bellissima voce, ma è l’intensità con cui ci fa entrare nel dolore della Madre del Salvatore.
Ascoltandola ho capito perché tanti si commossero quando l’hanno sentita. E ho capito anche perché si “impuntò”, perché voleva ad ogni costo cantarla lei (poi alla luce di quello che è successo…).
Ecco qui potete sentire il canto di Caterina e sotto trascrivo il bellissimo testo.
Ascolta “Voi ch’amate lo Criatore”
Voi ch’amate lo Criatore
(Laudario di Cortona, sec. XIII)
Voi ch’amate lo Criatore,
ponete mente a lo meo dolore.
Ch’io son Maria co’ lo cor tristo
La quale avea per figliuol Cristo:
la speme mia e dolce acquisto
fue crocifisso per li peccatori.
Capo bello e delicato,
come ti veggio stare enchinato;
li tuoi capelli di sangue intrecciati,
fin a la barba ne va irrigore.
Voi ch’amate lo Criatore,
ponete mente a lo meo dolore.
Bocca bella e delicata,
come ti veggio stare asserrata,
di fiele e aceto fosti abbeverata,
trista e dolente dentr’al mio core.
Voi ch’amate lo Criatore,
ponete mente a lo meo dolore.
Ascoltandola mi rendo conto che è riuscita a far sentire l’immensità del dolore di Maria, la sua struggente tragedia, però senza sbavature enfatiche, facendo trasparire la dignità e il pudore della Vergine.
Io che penso sempre a Caterina come la bambina che era – e che mi stupisco sempre di scoprirla giovane donna ricca di interiorità e maturità – mi sono chiesto da dove abbia tratto quell’intensa partecipazione al dolore della Madre di Cristo, dove e quando e come abbia conosciuto così la vita e la tragedia del male e la compassione della Madonna.
Poi guardo i volti belli dei suoi amici e delle sue amiche, con i quali ha condiviso in questi anni una splendida avventura cristiana, e mi rendo conto della grandezza del dono che ha avuto: attraverso la nostra povera paternità e maternità, una Paternità e una Maternità grande, luminosa come il volto dei santi, come la grande compagnia cristiana in cui è cresciuta ed è diventata donna.
Il Mantello della S.S. Annunziata in cui l’avevo affidata è fatto di tanti volti, di amici e padri e maestri…
Conto presto di farvi sentire ancora la sua voce, perché così è come se lei stessa continuasse a cantare la “bella ragazza” di Nazaret (come dice un antico graffito di pellegrini cristiani nella casa di Nazaret).
Come se continuasse a invocare la Madre di Gesù e in fondo è proprio ciò che fa dal suo silenzio. E io voglio invocarla con lei e per lei. Perché torni a parlarci, col canto, di Maria….
Antonio Socci