Il maldestro e inaudito tentativo di strumentalizzazione di Benedetto XVI – con cui né Bergoglio, né Viganò si sono scusati (vedi QUI ) – ha messo in luce la radicale rottura tra l’argentino e il magistero precedente. E ha reso evidente la gravissima crisi di legittimazione dello sgangherato pontificato sudamericano. Che – perduti i referenti imperiali (Obama/Clinton) – oggi è allo sbando e arranca. La stessa Curia comincia a preoccuparsi drammaticamente degli ulteriori danni che potrà subire la Chiesa, già prostrata da cinque anni di bombardamento anticattolico. Nel commento che segue ricostruisco il senso degli eventi di queste ore.

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Mons. Dario Viganò, responsabile vaticano per la comunicazione, si è dimesso per le omissioni relative alla lettera di Benedetto XVI. Problema risolto? Al contrario. Perché dall’inizio della vicenda è evidente che non c’era (solo) un “caso Viganò”, ma (soprattutto) un “caso Bergoglio”.

Il “caso Viganò” sta nel dilettantismo con cui è stata gestita l’operazione, con trovate puerili e paragrafi di Ratzinger silenziati (in quel Vaticano che pontifica contro le fake news e l’informazione parziale).

Il “caso Bergoglio”, molto più grave, consiste nel tentativo fatto da Bergoglio, attraverso Viganò (che è un suo fedelissimo esecutore), di ottenere da Benedetto XVI un clamoroso endorsement. In pratica voleva che papa Ratzinger approvasse pubblicamente la sua “rivoluzione”. Continua

Dunque sono ripresi gli sbarchi come ha raccontato venerdì Gianluca Veneziani su queste colonne. Una curiosa coincidenza.

Appena passate le elezioni, come per magia, ricominciano le ondate migratorie che erano praticamente cessate proprio alla vigilia della campagna elettorale. Giusto il tempo di far dimenticare agli elettori italiani l’arrembaggio dei mesi scorsi. Passata la festa gabbato lu santo?

Come la storia dello Ius Soli. Per tutto il 2017 dalla Sinistra e dal mondo clerico-bergogliano appelli e digiuni strappalacrime. Sembrava una questione umanitaria urgentissima, una questione vitale. Chi vi si opponeva veniva fulminato come un troglodita, xenofobo e disumano. Non sentivano ragioni. Continua

Perfino il “New York Times” ha scritto venerdì che questo pontificato può rivelarsi “un disastro” per la Chiesa.

In effetti lo è già, come conferma la figuraccia planetaria del Vaticano: ieri Bergoglio è stato costretto a far pubblicare integralmente la lettera di Benedetto XVI, compresi i passi polemici che maldestramente oltretevere avevano omesso (li vedremo poi).

Ma perché sembra che le cose stiano precipitando? Con il crollo del grande sponsor imperiale di Bergoglio (l’amministrazione Obama/Clinton) e col consolidarsi di Trump, è venuta meno la legittimazione geopolitica in cui è nato questo pontificato.

Da qui la spasmodica corsa di Bergoglio e della sua corte a puntellare la sgangherata stagione sudamericana – troppo esposta a sinistra – cercando nuovi appoggi (perfino nella Russia di Putin, senza tanto successo). Continua

Lo avevo scritto subito, a caldo, lunedì sera, appena il Vaticano ha diffuso la notizia di quella lettera di Benedetto XVI che sembrava – a prima vista – un clamoroso applauso di approvazione a Bergoglio, nell’anniversaio della sua elezione.
Avevo chiesto: perché non rendono nota tutta la lettera? Perché estrapolano solo tre frasi?
Adesso è tutto chiaro. L’ottimo Sandro Magister – nel giro di 24 ore – ha pubblicato per intero la lettera di papa Benedetto che il Vaticano lunedì non aveva distribuito ai giornali e così scopriamo che nella seconda parte – con sottile sarcasmo – Benedetto XVI fa capire come va interpretato il “pedaggio” che ha dovuto pagare nella prima parte ( VEDI QUI ).
In sostanza il papa emerito spiega che non ha tempo per scrivere un commento al “formidabile” pensiero telogico di Bergoglio (come gli avevano chiesto) e nemmeno ha tempo per leggere “gli undici piccoli volumi”, di vari autori, che dispiegano tutta la sapienza bergogliana.
Saranno utilissimi a illustrare il pensiero del papa argentino, ma lui, Benedetto, fa sapere che non li ha letti e nemmeno ha intenzione di leggerli perché ha altro da fare. Capita l’antifona? A buon intenditor poche parole (a me pare un’elegante e sublime presa in giro).
PER CAPIRE MEGLIO QUESTA RISPOSTA SI DEVE RICORDARE CHE RECENTEMENTE IL PAPA EMERITO AVEVA SCRITTO “DI SUA INIZIATIVA” UNA BELLISSIMA PREFAZIONE TEOLOGICA AL LIBRO DEL CARD. SARAH (VEDI QUI ). PROBABILMENTE ANCHE PER QUESTO DAL VATICANO LA PRETENDEVANO PURE PER BERGOGLIO. MA BENEDETTO HA RISPOSTO CHE AVEVA DA FARE (“IMPEGNI GIA’ ASSUNTI”). MAGISTRALE IRONIA!

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Per valutare questi cinque anni del papa argentino bisogna usare il criterio dettato da Gesù stesso: “ogni albero buono produce frutti buoni e ogni albero cattivo produce frutti cattivi… dunque dai loro frutti li potrete riconoscere” (Mt 7, 17-20).

Quali sono i frutti del bergoglismo? Mi piacerebbe dire “buoni”, ma purtroppo non è così: sono pessimi.  Continua

Hanno suscitato qualche piccola contestazione, in chiesa, le parole di don Livio Fabiani, parroco di Cisterna di Latina, al funerale delle due bambine uccise dal padre.

Ma forse – per dei cattolici – dovrebbe suscitare più perplessità l’omelia del card. Giuseppe Betori, arcivescovo di Firenze, alla messa funebre per Davide Astori, il capitano della Fiorentina morto domenica per un arresto cardiaco. Continua

Sembra incredibile, ma il fascismo è stato il tema centrale della campagna elettorale 2018 della Sinistra. La parte che, nel 1994, irrideva Berlusconi perché parlava di comunismo, oggi suona l’allarme per l’apocalittica minaccia fascista che d’improvviso incomberebbe sull’Italia.

Solo che nel ’94 era plausibile parlare di comunismo perché – dopo le inchieste che avevano spazzato via gran parte dei dirigenti dei partiti democratici – la classe politica rimasta padrona della scena era quella che proveniva dal Pci, il più grande partito comunista d’occidente, che era stato legato ai regimi dell’Est europeo.

Il candidato alla guida del governo italiano per la Sinistra, data vincente, alle elezioni del 1994, era Achille Occhetto, ultimo segretario del Pci.

Proprio quell’Occhetto che nel marzo 1989, pochi mesi della caduta del Muro, al Congresso del Pci, ribatté a muso duro a Craxi gridando dal palco (fra grandi applausi): “Non si comprende perché dovremmo cambiar nome. Il nostro è stato ed è un nome glorioso che va rispettato”Continua

È il mondo alla rovescia. In Piazza Duomo, a Milano, nel corso degli anni si è visto di tutto: dalle bandiere rosse delle manifestazioni comuniste ai sit-in Lgbt con bandiere arcobaleno fino alle folle di musulmani a pregare Allah rivolti verso la Mecca.

Eppure a far insorgere a velocità supersonica un vescovo ambrosiano, sabato scorso, è stato Matteo Salvini “reo” di aver di aver evocato il Vangelo. In particolare le parole di Gesù, “gli ultimi saranno i primi”, riferendole agli italiani che oggi vengono trattati da stranieri in patria.

Nell’occasione Salvini – anticipando simbolicamente davanti alla sua gente il giuramento che dovrebbe fare come Capo del governo, nell’ipotesi di una vittoria elettorale – ha solennemente proclamato: “mi impegno e giuro di essere fedele al mio popolo, ai 60 milioni di italiani, di servirvi con onestà e coraggio, giuro di applicare davvero la Costituzione italiana, da molti ignorata, e giuro di farlo rispettando gli insegnamenti contenuti in questo sacro Vangelo”.

Immediatamente è insorto monsignor Mario Delpini intimando: “Nei comizi si parli di politica”.

Assistiamo così al singolare spettacolo di un vescovo di Milano che invece di criticare partiti e politici che avanzano programmi anticristiani, si scaglia contro un leader politico che afferma di voler difendere le radici cristiane dell’Italia e di far tesoro dell’insegnamento evangelico. Continua

Anche ieri qualche esagitato ha provato a occupare la scena attaccando la polizia. Ma nelle cento città d’Italia la vita della gente comune si è dipanata nella sua normalità quotidiana.

Un sabato italiano come quello dei ragazzi di Recanati descritto da Leopardi: “La gioventù del loco/ Lascia le case, e per le vie si spande;/E mira ed è mirata, e in cor s’allegra”.

Essere guardati regala ad ogni adolescente un momentaneo surrogato della felicità. In fondo è sempre per questa incertezza di esistere che altri giovanotti, ieri, hanno cercato una diversa visibilità nel gran teatro del mondo urlando slogan bellicosi, recitando la parte – stantìa e risaputa – dei manifestanti di vecchie ideologie.

Un agitarsi inconsulto come i pupi siciliani che si proclamano intrepidi paladini mentre qualcuno tira i loro fili senza i quali si affloscerebbero a terra disperati. Il gridare in favore di telecamere evita loro l’avventura impietosa del guardarsi dentro. Dove si smarrirebbero.

In fondo anche Internet è una colossale macchina planetaria per farsi guardare e quindi per sentirsi vivi: instagram, facebook, twitter regalano un’esistenza fittizia che fa sentire i mortali simili ai divi, quei personaggi mediatici perennemente sotto le telecamere, perfino con le loro miserie come gli dèi greci nell’Olimpo. Continua

È stato un autogol quello di Matteo Renzi a Sant’Anna di Stazzema. Evocare un’Italia invasa dai tedeschi e sottoposta al dominio nazista non è forse, simbolicamente, un perfetto argomento sovranista?

Oggi una minaccia nazifascista all’Italia, grazie al cielo, non c’è più, ma un problema di indipendenza nazionale sì e sono Matteo Salvini e Giorgia Meloni, con Berlusconi, a predicare il recupero della sovranità e dell’interesse nazionale e la fine della nostra sottomissione alla Germania.

Certo, l’eccidio di Stazzema riguarda la Germania nazista (e i repubblichini suoi alleati) e oggi la Germania nazista non c’è più (come non c’è più il fascismo).

Tuttavia c’è la Germania e persegue, com’è ovvio, il suo interesse nazionale e la sua egemonia. La geopolitica ha le sue costanti. Anche la Francia – con Napoleone – cercò di sottomettere l’Europa e la Francia di oggi se lo ricorda. L’Italia è il pollo da spennare sia per la Francia che per la Germania.

Ovviamente nel 2018 le guerre in Europa non si fanno più con i carri armati, ma sono guerre economiche. E la sottomissione è economica e politica. Continua

Il completo – e anche grottesco – scollamento tra la gente comune e il Palazzo del potere di sinistra, si è reso evidentissimo in queste ore.

Dopo che “Repubblica” ha aperto la prima pagina con l’apocalittico annuncio di un ministro: “Delrio: ‘Il fascismo è tornato, la politica non può più tacere”dieci milioni di italiani (con picchi del 61 per cento di share) si sono placidamente seduti davanti al televisore per guardare Sanremo. Mentre gli altri sceglievano un film o se ne andavano tranquillamente a dormire.

Non uno che abbia preso sul serio il ministro parolaio, non uno – pure fra quelli che si sentono “antifascisti militanti” – che abbia pensato di fare provviste, calzare l’elmetto, prendere lo zaino e “salire in montagna” a difendere la democrazia minacciata dal fascismo.

Perché la gente comune sa bene – come ha scritto ieri Ernesto Galli della Loggia nell’editoriale del “Corriere della sera” – che “in Italia non esiste alcun pericolo fascista. Non c’è alcuna ‘marea nera’ che sale”. Continua