L’intervento del card. Willem Jacobus Eijk, arcivescovo di Utrecht, sabato scorso, al convegno romano di Voice of the Family su “Salute dei malati e salvezza delle anime”, è un colpo durissimo per l’ideologia dei cattolici novax e nopass.

Non solo perché la relazione ( QUI ) illustra con competenza – e non con slogan e teoremi deliranti – la questione dei vaccini (il cardinale ha una formazione medico-scientifica) e risponde sui problemi etici sollevati per l’uso di linee cellulari derivate da aborti (è un esperto di bioetica).

Non solo perché dunque dimostra la fondatezza della Nota della Congregazione per la dottrina della fede che ha dichiarato la liceità morale dell’uso dei vaccini anti-Covid.

Il cardinale arriva a sostenere che vaccinarsi probabilmente è addirittura “un obbligo morale” per il Bene Comune.

E l’aspetto che più mette in scacco i catto-novax è questo: il card. Eijk è un prelato che – culturalmente – rimanda al magistero di Giovanni Paolo II e Benedetto XVI, quindi è uno di quelli che i media, semplificando, definiscono “conservatore”. Continua

GLI SCONGIURI

Quando – nel 1918 – uscì “Il tramonto dell’Occidente”, di Oswald Spengler, “Benedetto Croce, da buon partenopeo, a detta di Francesco Flora, fece gli scongiuri”.

Lo ricorda Francesco Perfetti (Il Giornale, 21/10) notando che nella “letteratura della crisi” egli vedeva contraddetta la sua filosofia della storia come “continuo e progressivo affermarsi della libertà”. Che poi fu contraddetta molto più radicalmente dai totalitarismi del Novecento.

Scrive Perfetti:

“La verità è che il comunismo e il nazionalsocialismo, i due movimenti paradigmatici del modello totalitario, erano entrambi ‘religioni secolari’, con un bagaglio di simboli e rituali e una vocazione espansiva ed escatologica propria di tutte le religioni. Che si trattasse poi di ‘religioni secolari’ o, se si preferisce, ‘laicizzate’ lo dimostra il fatto che esse poterono crescere e prosperare in un contesto e in una epoca che andavano sempre più caratterizzandosi come ‘età della secolarizzazione’, della scomparsa del sacro e dell’espansione dell’ateismo”.
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“Perché sei proprio come questo mare: immenso ed arcano, che sempre lo senti dire un suo misterioso pensiero profondo, che capisci, ma non sai ridirtelo a te stesso con parole comprensibili e determinate;

questo mare che ora è calmo ed a stento l’odi appena ansare sulla riva e sembra che sogni, e dopo poche ore è tutto tribulato ed ansimante ed appassionato, e non sai il perché – Continua

Omelia di don Josè Miguel Garcia al funerale di Raffaele Tiscar. Cattedrale di Como, 23 ottobre 2021

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Sempre la morte suscita in noi tristezza ma, quando è imprevista, come è successo con il nostro amico Raffaele Tiscar, conosciuto tra di noi come Lele, uno prova un grande dolore, uno sgomento, una perplessità che si fa domanda: ma perché proprio adesso?

Se la sua presenza ci era ancora di aiuto, perché ci ha lasciati?

La storia del Lele è conosciuta da quasi tutti che siamo qui. Tanti di voi potete raccontare periodi, momenti della sua vita, fatti vissuti insieme…
Quanti ricordi avrete voi Paola e i figli Iacopo, Eugenia e Maria; quanti iniziative vissute con gli amici della comunità di CL della Toscana e Firenze nel tempo universitario e poi nel impegno civile, quanta vita condivisa insieme con Giampaolo, Grazia, Antonio e tanti altri.

E quante conversazione e decisioni condivisi con le famiglie della Cometa, nella avventura dell’accoglienza che ha segnato gli ultimi anni della sua vita.In questa compagnia cristiana vissuta dalla sua giovinezza la sua vita è diventata bella e sempre più vera.

Certamente i limiti ed errori ci accompagnano sempre, giacché siamo peccatori, ma succede in noi, accade in noi la generazione di una umanità più piena, più appassionata per il bene degli altri, della giustizia, di fare qualche cosa di magnifico, destinato a fare più felici gli uomini, una vita desiderosa di una pienezza che va aldilà di quello che le nostre mani possono fare.

Ci sono due tratti della personalità del Lele che per me sono stati una vera provocazione.

Il primo è il suo cuore irrequieto.

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Quando muore un amico carissimo, con cui hai condiviso la vita, gli ideali, l’impegno e soprattutto il senso dell’esistenza resti attonito, ammutolito, pensi a lui, alla sua famiglia, ai tanti amici e ai tanti ricordi, a tutte le cose che avremmo voluto fare ancora…

Se poi questo dolore si rinnova nel giro di pochissimo tempo per la morte di altri amici carissimi non trovi più le parole. Sembra che Dio stia chiedendo ai suoi in questo momento storico un sacrificio totale…

Allora ho riletto queste parole, quelle che papa Benedetto XVI disse ai funerali di Manuela Camagni, una delle Memores Domini che faceva parte della sua casa, che improvvisamente morì per un incidente.

Io la ricordo con affetto infinito perché fu proprio lei che il 12 settembre 2009 parlò al papa di quello che stava accadendo, in quelle ore tragiche, alla mia Caterina…

Le parole che papa Benedetto ha detto per Manuela sono così consolanti:

“(…) Il distacco da lei, così improvviso, e anche il modo in cui ci è stata tolta, ci hanno dato un grande dolore, che solo la fede può consolare.

Molto sostegno trovo nel pensare alle parole che sono il nome della sua comunità: Memores Domini. Meditando su queste parole, sul loro significato, trovo un senso di pace, perché esse richiamano ad una relazione profonda che è più forte della morte. Memores Domini vuol dire: “che ricordano il Signore”, cioè persone che vivono nella memoria di Dio e di Gesù, e in questa memoria quotidiana, piena di fede e d’amore, trovano il senso di ogni cosa, delle piccole azioni come delle grandi scelte, del lavoro, dello studio, della fraternità.

La memoria del Signore riempie il cuore di una gioia profonda, come dice un antico inno della Chiesa: “Jesu dulcis memoria, dans vera cordis gaudia” [Gesù dolce memoria, che dà la vera gioia del cuore].

Ecco, per questo mi dà pace pensare che Manuela è una Memor Domini, una persona che vive nella memoria del Signore. Questa relazione con Lui è più profonda dell’abisso della morte. E’ un legame che nulla e nessuno può spezzare, come dice san Paolo: “[Nulla] potrà mai separarci dall’amore di Dio, che è in Cristo Gesù, nostro Signore” (Rm 8,39).

Sì, se noi ricordiamo il Signore, è perché Lui, prima ancora, si ricorda di noi. Noi siamo memores Domini perché Lui è Memor nostri, ci ricorda con l’amore di un Genitore, di un Fratello, di un Amico, anche nel momento della morte. Sebbene a volte possa sembrare che in quel momento Lui sia assente, che si dimentichi di noi, in realtà noi siamo sempre presenti a Lui, siamo nel suo cuore. Ovunque possiamo cadere, cadiamo nelle sue mani. Proprio là, dove nessuno può accompagnarci, ci aspetta Dio: la nostra Vita”.

Sappiamo che lì, dov’è Gesù, ritroveremo tutti i nostri amici e sarà una grande festa, senza fine e senza più il dolore e la morte…

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“In principio era il Verbo, alla fine le chiacchiere”. L’aforisma di Stanislaw Lec sembra adatto al Sinodo appena iniziato che è stato definito “il Concilio di Francesco”.

Basti dire che quello cominciato il 10 ottobre a Roma e ieri, in tutte le diocesi cattoliche del mondo, è un Sinodo sulla “sinodalità”. Un tema che sembra un cortocircuito, soprattutto se si pensa che papa Bergoglio, fin dall’inizio, ha (giustamente) tuonato contro la Chiesa “autoreferenziale”, cioè la Chiesa che si occupa di se stessa.

Adesso proprio lui ha deciso un Sinodo sul Sinodo che “si articolerà in tre fasi, tra l’ottobre del 2021 e l’ottobre del 2023, passando per una fase diocesana e una continentale, che daranno vita a due differenti Instrumentum Laboris, fino a quella conclusiva a livello di Chiesa Universale”.

E non è finita, perché tale Sinodo universale – che abbraccia tre anni – si interseca con l’esplosivo Sinodo della Chiesa tedesca e con il cammino sinodale della Chiesa italiana, che è cominciato a maggio e si concluderà nel 2025, nonché con i Sinodi locali che sono iniziati in diverse importanti diocesi.

Davanti alla montagna di documenti che saranno partoriti da tutte queste chiacchiere sinodali potremmo dire – restando al Prologo del Vangelo di Giovanni – “e il Verbo si fece carta”.

Ma, fra tanta carta, cosa resterà del Verbo? Dove gli uomini del XXI secolo troveranno concretamente il consolante abbraccio del Figlio di Dio, il vero Samaritano che comprende, sostiene, guarisce le ferite e salva? A quale angolo di strada si trova la compassione di Dio? A quale indirizzo reale si può incontrare? Con quale volto? Continua

Il nostro popolo deve far memoria della tragedia vissuta con la pandemia. Fra l’altro proprio in questa dura prova si sono riscoperti valori come la fraternità, l’eroismo, la compassione, un patrimonio da non disperdere oggi con divisioni, conflitti e settarismi insensati alimentati dauna piccola minoranza.

Gli italiani non dimenticano anche perché quella tragedia è tuttora in corso e deve essere definitivamente superata.

Non dimenticano mesi e mesi di bollettini di guerra, con 600 morti al giorno, migliaia di contagiati e ricoverati negli ospedali che scoppiavano, mentre tutti eravamo reclusi in casa e il Paese era paralizzato. Continua

I (NON) FONDATORI

Francesco Agnoli, nel libro “Alcide Degasperi. Vita e pensiero di un antifascista che sconfisse le sinistre” (Cantagalli) spiega finalmente cosa intendeva davvero per Europa lo statista trentino.

Oggi, infatti, gli entusiasti dell’attuale Unione europea, usano ripetere i nomi di Alcide De Gasperi, Konrad Adenauer e Robert Schuman, come i “padri fondatori” della UE.

In realtà questi statisti (morti rispettivamente nel 1954, nel 1967 e nel 1963), non hanno affatto fondato

l’Unione Europea, istituita a Maastricht nel 1992, la quale è diversa pure dalla Comunità economica europea nata nel 1957 con il Trattato di Roma. Diversa per gli stati che la compongono, per ciò che dicono i Trattati istitutivi, per le finalità e per l’ideologia su cui è basata.

Agnoli sostiene che De Gasperi – come Schuman e Adenauer – aveva una concezione anzitutto “spirituale” dell’Europa, legata all’identità e alla storia cristiana dei suoi popoli. Ben diversa dunque dalla UE tecnocratica e laicista di oggi. Continua