Se Romano Prodi volesse veramente riunificare il Paese dovrebbe avere il coraggio di proporre Silvio Berlusconi al Quirinale (o Casini o Fini).
Ma ovviamente dovrebbe essere uno statista per avere idee simili. Prodi non lo farà e al contrario, con lo spirito di vendetta che molti gli attribuiscono, approfittando di un potere agguantato senza una vera vittoria, darà inizio alla sistematica distruzione politica di Berlusconi e del centrodestra, nell’illusione di far terra bruciata dell’opposizione per almeno dieci anni. E con l’intento di “punire” e “rieducare” l’Italia “berlusconiana”. Varando un governo (e forse una presidenza della Repubblica) letteralmente “contro” il 50 per cento degli italiani.
Se l’Italia fosse un Paese normale come la Germania e Prodi uno statista, o anche solo un politico serio e responsabile (se non fosse uno che è passato alla storia per una seduta spiritica), oggi si rivolgerebbe al leader del centrodestra con questo realistico discorso: “onorevole Berlusconi, come ho detto e ripetuto fino alla nausea in campagna elettorale, io voglio riunificare il Paese, voglio metter fine alle faziosità, voglio governare a nome di tutto il Paese anche per le difficili scelte che ci aspettano. Continua

Diceva Oscar Wilde che è già grave perdere un genitore, ma perderli entrambi rasenta la sbadataggine.
A Marco Pannella in questi giorni, di vigilia elettorale, è accaduto di perdere gran parte dei numi tutelari, che aveva collocato nel suo personale pantheon laico.
Prendiamo il Dalai Lama. Era una vita che il guru radicale si gloriava di evocare lui, il buddhismo e il Tibet in contrapposizione alla Chiesa Cattolica, considerata oscurantista, intollerante e “talebana”.
Ma l’altro giorno il Dalai Lama rilascia un’intervista al “Daily Telegraph” sui problemi di morale sessuale e sorpassa in rigorismo il cardinal Ruini lasciando ammutoliti i radicali.
L’intervistatrice stupita osserva: “pur essendo noto per i suoi punti di vista umani e tolleranti, il Dalai Lama è sorprendentemente critico nei confronti dell’omosessualità”. Continua

Ieri c’era euforia nel centrodestra per il sorprendente trionfo di Casini e Fini a Ballarò.
Alcuni del loro entourage, scrutando gli avversari, commentavano: “se la stanno facendo sotto”.
E non alludevano alla famosa dirigente della sinistra che – secondo Dagospia – avrebbe disertato un dibattito per un attacco di “dissenteria” (auguri di pronta guarigione).
Ma si riferivano a Fassino e Rutelli che hanno disertato “Matrix”, dove dovevano confrontarsi di nuovo con Fini e Casini. I leader ulivisti hanno detto di voler così protestare contro la supposta performance di Berlusconi a “Terra”.
Ma molti hanno pensato che volessero evitare di ripetere la figuraccia di martedì sera (del resto anche Prodi resta un uomo in fuga: ha fatto saltare pure il confronto con Berlusconi a “Terra”).
Vedere Casini e Fini, a Ballarò, è stato come vedere la Roma vincere fuori casa, a Torino, contro la Juve per quattro a zero.
La loro performance ha rivelato che il centrodestra ha due punte eccellenti.
Migliori del centravanti (il Berlusconi di oggi somiglia un po’ a Ronaldo, che è pur sempre un goleador, ma appesantito).
Invece la grinta e la preparazione mostrate da Pier e Gianfranco, martedì, hanno fatto intuire il felice rinnovamento generazionale che il centrodestra poteva (e può ancora) realizzare.
Male ha fatto il Cavaliere a tenere in ombra queste due punte per trasformare le elezioni (ancora una volta) in un referendum su se stesso. Continua

Quando Vittorio Messsori varò “Vivaio”, la sua bella e ricca rubrica sul quotidiano Avvenire (poi assurdamente soppressa), Renato Farina sul Sabato coniò una delle sue battute più fulminanti: “Messori, incerto se chiamare la sua rubrica ‘Viva Io’ o ‘Viva Dio’, considerato che si tratta pur sempre della stessa persona, ha optato per la via dell’umiltà”.
E’ una battuta che non si dimentica perché in genere gli articoli di Messori – che oggi scrive sul Corriere della sera – hanno sempre una certa abbondanza di “io” e tendono a racchiudere i problemi del mondo, la storia e a volte pure l’eternità all’interno di questo (non amplissimo) perimetro.
Ma in fondo la tentazione narcisista è un po’ di tutti noi.
Messori ha fatto alcune cose importanti: due suoi libri – “Ipotesi su Gesù” e “Rapporto sulla fede” (il libro intervista del 1984 col cardinale Ratzinger) – hanno davvero fatto epoca.
Chi scrive è legato da un venticinquennale legame di stima ed amicizia con lui, che però non mi impedisce di dissentire da una serie di sue infelici sortite degli ultimi tempi.
L’ultima delle quali risale a ieri ed è apparsa su “Magazine” del Corriere della sera. Continua

Il “caso Rahman” non è affatto risolto.
Innanzitutto perché membri del Consiglio degli Ulema dichiarano: “chiederemo alla gente di farlo a pezzi”. “Quale che sia la decisione della corte – ha detto ad ‘Asia Time’ Ahmad Shah Ahmad Zai, che è stato primo ministro ad interim nel 1996, prima dell’avvento dei talebani – c’è accordo generale tra gli studiosi, dal nord al sud, dall’est all’ovest dell’Afghanistan, che Rahman deve essere giustiziato”.
In secondo luogo perché la soluzione di compromesso che il governo Karzai cerca di dare al problema, per scongiurare l’assassinio, è comunque vergognosa. Solo per viltà e ipocrisia possiamo farcela piacere.
Com’è noto Abdul Rahman è l’uomo di 41 anni che – dall’Islam – si è convertito al cristianesmo.
In base alla legge coranica, la sharia (che è fonte del diritto anche nell’Afghanistan “liberato”), chi lascia l’Islam è “apostata” e quindi merita la pena capitale. Continua

Passi per Moni Ovadia che sull’Unità di ieri si confonde su Ruini chiamandolo “il cardinale Francesco Ruini”.
Come dire che il leader della Quercia è Amilcare Fassino. Ma il titolo che il giornale fondato da Antonio Gramsci strillava, poche pagine prima, era davvero epocale: “E in Vaticano sventola bandiera rossa”.

Mi è sembrato un lapsus freudiano, perché al Concistoro (di cui parlava l’articolo) c’erano “berrette rosse” non “bandiere rosse”. Evidentemente all’Unità – mi sono detto – come vedono rosso vanno in stato di eccitazione.
I comunisti non sono riusciti a portare i cavalli dei cosacchi ad abbeverarsi in piazza San Pietro, ma forse con i postcomunisti – ho pensato – c’è andato qualche somarello che confonde le berrette cardinalizie con le bandiere del partito.
Invece mi sbagliavo perché a Sinistra, come si sa, somari non ce ne stanno. Sono tutti geni. Soprattutto chi ha vergato quel titolo è un genio. Non ha sbagliato. Sono io il somaro per non aver capito subito. Altro che lapsus. “E in Vaticano sventola bandiera rossa” è un titolo ponderato che esprime bene una prospettiva politica molto concreta e tenace. Di ieri come di oggi. Continua