Cosa c’è in comune fra don Emilio De Roja e Pier Paolo Pasolini? Anzitutto il Friuli. Don Emilio è morto trent’anni fa e a lui è dedicata una bella mostra attualmente ospitata dal Meeting di Rimini. Pasolini è nato cento anni fa e a lui – e a suo fratello Guido – è dedicato un libro, appena uscito, di Andrea Zannini, “L’altro Pasolini” (Marsilio).

Il fratello partigiano di Pier Paolo, conosceva don Emilio perché il sacerdote udinese faceva parte, come lui, della brigata partigiana Osoppo. Sono due grandi storie purtroppo dimenticate che si intrecciano.

La morte di Guido – generoso e idealista – è stata il grande dolore della vita di Pier Paolo che, sebbene più grande, aveva scelto di non andare con lui in montagna. In una sua poesia del 1966 scriverà: “Piango ancora, ogni volta che ci penso/ su mio fratello Guido,/ un partigiano ucciso da altri partigiani, comunisti”. Continua

Molti ciellini non comprendono che bisogno abbia il Meeting di Rimini di trasformarsi in palcoscenico del Potere, riducendo una bella manifestazione, a cui partecipano tanti giovani desiderosi di conoscere Gesù Cristo, a passerella dell’establishment politico ed economico.

Il Meeting nacque con lo scopo opposto. La prima edizione del 1980 (più povera, ma strepitosa nei contenuti) fu dedicata a “La pace e i diritti dell’uomo” e in particolare al dissenso in Urss quando in Italia parlare dei dissidenti nei regimi comunisti era eroico.

Il libro fondamentale per i ciellini, in quegli anni, era firmato dal grande dissidente cecoslovacco Vaclav Havel: “Il potere dei senza potere”.Proprio ciò che il Meeting originariamente voleva mettere in primo piano: si ricorda ancora la presenza a Rimini di Madre Teresa di Calcutta nel 1987.

Perché non tornare a quell’intuizione? Oltretutto il Potere – nella versione politica o economica – è già sotto i riflettori 365 giorni all’anno. Continua

“Il giorno in cui mi fermai ai piedi di un campo di granturco e ascoltai il fruscio dei lunghi steli secchi mossi nell’aria, ricordai qualcosa che da tempo avevo dimenticato. Dietro il campo, una terra in salita, c’era il cielo vuoto. ‘Questo è un luogo da ritornarci’, dissi, e scappai quasi subito, sulla bicicletta, come se dovessi portare la notizia a qualcuno che stesse lontano. Ero io che stavo lontano, lontano da tutti i campi di granturco e da tutti i cieli vuoti”.

“Feria d’agosto” di Cesare Pavese è un libro da leggere. In vacanza o no. Anche perché, come suggerisce questa pagina, oltre a raccontare i ricordi dell’estate in campagna al tempo della civiltà contadina, è una suggestiva esplorazione della memoria, dell’infanzia, del mito, del linguaggio e della poesia. Indaga il mistero dell’essere nostro. Continua

Un grande filosofo cattolico, Augusto Del Noce, aveva intuito, già attorno al 1980, che il Pci, con il collasso dei sistemi comunisti e il crollo delle ideologie storiche si sarebbe trasformato – al seguito della tecnocrazia capitalista – in un “partito radicale di massa” e avrebbe sostituito le battaglie sui diritti sociali dei lavoratori con quelle sui cosiddetti “diritti civili” relativi ai temi bio-etici (qualcosa di analogo aveva intuito e paventato anche Pier Paolo Pasolini).

In effetti il programma del Pd illustrato sabato da Enrico Letta sembra realizzare totalmente quella “profezia”. Infatti il segretario dem ha clamorosamente sostituito la fantomatica Agenda Draghi con l’Agenda Bonino: Ddl Zan, matrimonio egualitario, legge sul fine vita, “pieno riconoscimento dei diritti sessuali e riproduttivi delle donne” (che significa aborto) e legalizzazione dell’autoproduzione della cannabis “per uso personale”. È il trionfo di Emma Bonino.

Ovviamente è una scelta del tutto legittima, anche se ci si chiede perché il Pd – che ha governato pressoché sempre – non abbia fatto negli anni passati queste leggi che promette di fare in futuro.

Ma – per chi analizza le proposte politiche – colpisce il fatto che il Pd, con la nuova Agenda Bonino, si ponga in contrapposizione “radicale” con il mondo cattolico e la Chiesa (a tutte quelle proposte si dovrebbero aggiungere pure la posizione bellicista del Pd sulla guerra in Ucraina e il sì all’aumento delle spese militari, un’idea che il Papa ha bocciato con estrema durezza, come ha fatto, peraltro, con temi etici come l’aborto). Continua

“Fermati attimo!” scrive Goethe nel “Faust”. È il sogno – ingannevole – di “sperimentare la leggerezza e libertà della vita” illudendosi di spazzar via la sua fatica e il suo carico di affanni e dolore.

Eppure – dice il Papa“la sicumera di fermare il tempo, volere l’eterna giovinezza, il benessere illimitato, il potere assoluto, non è solo impossibile, è delirante”.

Con queste parole, pronunciate nell’ultima udienza generale, Francescodemolisce una delle nuove ideologie del nostro tempo e ci fa interrogare su noi stessi, sulla vita, su ciò che desideriamo.

Il Papa c’invita a riconoscere i limiti invincibili della natura umana con un bagno di realismo. Il nostro stesso corpo – mirabile capolavoro del Creatore che ci mette in relazione con il mondo e con gli altri – è il simbolo supremo della nostra fragilità: esposto alla fatica, alla sofferenza, alla vecchiaia e all’inevitabile morte. Continua

L’estate dei giornali offre un campionario di curiosità sorprendenti.

DE VULGARI ELOQUENTIA

All’espressione figlio di puttana, “nella variante ‘fili dele pute’ che si legge nell’affresco della basilica romana di San Clemente, del secolo XI, spetta il primato di più antico insulto scurrile attestato in italiano”.

Lo scrive Lorenzo Tomasin, recensendo, nell’inserto cultura del “Sole 24 ore” (31/7), il libro di Pietro Trifone, “Brutte, sporche e cattive. Le parolacce della lingua italiana” (Carocci). Un volume erudito dove si scopre pure che il termine “mignotta” evoca il “francese mignot(te), che all’origine è un appellativo affettuoso (‘graziosa’, ‘piacevole’)”.

Dante nel “De vulgari eloquentia” – titolo che non allude alle parole volgari, ma alle lingue volgari, cioè quelle parlate dai popoli – accenna anche al “tristiloquium turpissimum” e indica il romanesco come un dialetto alquanto sboccato. Continua

“Ho letto con immensa curiosità e grande piacere la sua ricerca sull’Omero baltico”. Firmato: Massimo Cacciari.

“Tutta la civiltà greca delle origini, e tutti i miti classici, ci sono arrivati di là, tra Circolo Polare Artico e Mare del Nord (…). Scommetto che il Vinci può vincere”. Firmato: Edoardo Sanguineti(l’Unità, 11 ottobre 2003).

“Ciò che qui è messo in gioco non è soltanto la questione omerica, ma una nuova visione della preistoria europea”. Firmato: Rosa Calzecchi Onesti.

Con queste autorevoli parole di apprezzamento, riportate nella quarta di copertina, si presenta il libro di Felice Vinci, “I segreti di Omero nel Baltico” (Leg Edizioni).

Quelle parole si riferiscono al suo precedente saggio del 1995, “Omero nel Baltico” (Fratelli Palombi Editori), che è stato tradotto in otto lingue (il nuovo volume approfondisce e arricchisce quello studio). Continua

“Direi che l’intesa è durata meno di un gatto in tangenziale…”, ha commentato ieri Paolo Roversi alla notizia dello “strappo” di Calenda col Pd (meno di un patto in tangenziale, ha corretto qualcuno).

Enrico Letta ha stancamente ribattuto: “Calenda vuole allearsi solo con Calenda”. Ma questo si sapeva anche prima: Calenda ha un tale Ego che gli sta stretta qualunque coalizione. Probabilmente sentirebbe angusta pure la presidenza dell’Onu. Continua

È passato inosservato un curioso ritorno del tema del comunismo su “Repubblica”. Eppure nell’entusiastico articolo di Francesco Merlo sul patto fra Pd e Calenda (Repubblica 3/8) c’era un passaggio clamoroso:

“Questa neonata grande coalizione è un altro passo, forse quello definitivo, della Bad Godesberg di Enrico Letta, della scelta definitivamente occidentale ed europea che la sinistra italiana insegue da cinquant’anni, dai tempi del ‘Neurocomunismo’ (1976) di Berlinguer, Marchais e Carrillo: 50 anni di mal di testa”.

Dice proprio “Neurocomunismo”. Non è un lapsus perché Merlo lo aveva già scritto il 13 marzo, a proposito della manifestazione di Firenze per l’Ucraina: Continua

Gli italiani arrancano fra mille problemi (presenti e futuri) e tutto vogliono fuorché una politica che diventa guerra civile. Eppure ad ogni scadenza elettorale devono subire questa tempesta di fango.

Si sperava che il governo Draghi, nato con una maggioranza di unità nazionale, ottenesse finalmente una normalizzazione e un clima di legittimazione reciproca fra le parti. Ce n’era un gran bisogno.

Suggeriva questo anche l’appello del presidente Mattarella del 2 febbraio 2021 per il governo di tutti. Lega e Forza Italia risposero sì pur sapendo che coalizzarsi con Pd e M5S li avrebbe penalizzati nei consensi(come in effetti è accaduto). Così hanno governato insieme per un anno e mezzo.

Ma appena – il 14 luglio scorso – il M5S ha deciso di non partecipare al voto di fiducia e Draghi si è dimesso (nonostante avesse ricevuto ancora la fiducia dal Parlamento), nel giro di poche ore, il Pd e il “partito mediatico” hanno riallestito il solito circo della demonizzazione, dell’allarme democratico e del pericolo apocalittico rappresentato “dalla Destra”. Continua