Con i venti di guerra che soffiano sul mondo ci mancava l’aurora boreale di domenica notte, fenomeno rarissimo alle nostre latitudini, per evocare le profezie di Fatima.

Un sito cattolico ha subito ricordato che la Madonna, il 13 luglio 1917, preannunciò una guerra peggiore di quella allora in corso (la prima guerra mondiale) se l’umanità non si fosse convertita e disse che il nuovo conflitto sarebbe stato annunciato da “una notte illuminata da una luce sconosciuta”. Continua

Il cardinale Giacomo Biffi (1928-2015), a lungo arcivescovo di Bologna, oltreché un eminente teologo è stato anche un brillante scrittore, che sapeva usare l’umorismo per far comprendere idee complesse. Mai banale, i suoi interventi sorprendevano sempre per originalità e per la capacità di “provocare”, cioè far riflettere. Continua

Giovanni Guareschi voleva essere la voce “dei milioni e milioni di uomini comuni che, con la loro assennata mediocrità, tengono in piedi la baracca di questo mondo”.

Torna in mente oggi perché, nell’Italia profonda, l’Italia popolare, il 2 novembre ancora si visitano i cimiteri e si ricordano i nostri morti, quei “milioni di uomini comuni” da cui abbiamo ricevuto la vita e il cui lavoro, le cui sofferenze, hanno costruito la nostra Italia. Continua

Sulla riforma del MES – considerate le gravi conseguenze che la sua ratifica può produrre in Italia –  dovremmo avere un dibattito argomentato e approfondito fra i partiti e sui media. Invece niente. Nessun confronto fra opposte ragioni.

Ieri, per esempio, il Corriere della sera aveva l’editoriale di Ferruccio De Bortoli che iniziava così: “Prima o poi l’odiato Mes bisognerà firmarlo. O meglio trangugiarlo. E allora sarà interessante ascoltare le motivazioni di un sofferto sì al Meccanismo Europeo di stabilità considerato a lungo – per ragioni di pura propaganda – il peggior nemico dell’interesse nazionale”. Continua

L’Ucraina, il Nagorno armeno, il Medio Oriente: è una “terza guerra mondiale a pezzi”. L’espressione di papa Francesco sembra ormai descrivere la realtà che può diventare anche più drammatica. Speriamo di non rivedere una catastrofe planetaria.

È una prospettiva così spaventosa che preferiamo non pensarci, come se fossero cose lontane che in fondo non ci riguardano se non per le ricadute economiche. È comprensibile e umano. In fondo ciascuno di noi ha già i suoi problemi, i suoi dolori, a volte anche drammi personali e familiari e sentiamo di non farcela a caricarci di tutte le sofferenze del mondo. Ci sembrano schiaccianti. Continua

Resta sempre vivo il fascino del ciclo bretone ed Einaudi pubblica “Artù, Lancillotto e il Graal. La ricerca del Santo Graal. La morte di re Artù” (vol. 4).

Un’originale interpretazione di quelle leggende è quella di Cristina Campo: “Il viaggiare del cavaliere tra le illusioni e i duelli è, lo sappiamo, un itinerario della mente in Dio. Ma che cosa adombrano le scene all’interno dei castelli, le notti di veglia d’armi, se non i momenti liturgici della vita: quegli spazi sacri dentro e fuori del tempo dove gli uomini si raccolgono a ricomporre, in una mimesi stilizzata, il loro nesso con Dio? L’apertura della saga di Artù – quel passaggio ipnotico del Santo Graal coperto da un bianco sciàmito attraverso la sala senza respiro di Monsalvato (scena suscitatrice di destini perché, subito dopo, i cavalieri proclamano di voler partire a cercarlo) – ha una fonte che è il suo stesso fine: il transito mortalmente silenzioso del Sacro Calice che non è lecito nemmeno guardare, retto dal sacerdote e celato dal velo purpureo, nei riti bizantini della Quaresima”. Continua

In Europa sembra tornare periodicamente l’idea di cancellare il Natale. La soluzione più drastica fu quella dell’Urss che – dopo aver perseguitato la Chiesa in tutti i modi – con Stalin nel 1929 abolì la festa della nascita di Cristo.

Nel 1991 crollò il regime comunista sovietico e fu ammainata la bandiera rossa con falce e martello dal Cremlino: accadde proprio il 25 dicembre, il giorno del Natale cattolico. Così qualcuno ha sarcasticamente osservato che l’Urss abolì il Natale di Cristo, ma alla fine Cristo ha abolito l’Urss nel giorno della sua nascita. Continua

Soffiano venti di guerra. E pensieri dolorosi e confusi riempivano la mia mente, nei giorni scorsi, mentre, tornato a Siena, salivo fino al Duomo (vedi foto). Quando, in cima a via dei Fusari, appare di colpo lo splendore della facciata scolpita da Giovanni Pisano, si è investiti da emozioni che – come diceva Federico Tozzi – “fanno mancare il respiro e scoppiare il cuore”.

Non si trovano parole. Anche se si sono letti mille studi che spiegano tutti i dettagli di quel capolavoro. Anche se si è nati lì ed è la millesima volta che si torna su quella piazza. Il libro di marmo della facciata e poi quello dell’immenso pavimento istoriato, lo struggente Pulpito di Nicola Pisano e poi l’opera di Duccio, di Donatello, di Michelangelo… Quella fuga di marmi e di colonne bianche e nere…

Si comprende perché Richard Wagner – che arrivò a Siena nell’estate 1880 – ne rimase folgorato. Era il 23 agosto. La moglie Cosima annotò: “visita al Duomo! Richard si è commosso fino alle lacrime, dice che è l’impressione più forte che abbia mai ricevuto da un edificio. Vorrei ascoltare il preludio del Parsifal sotto questa cupola”. Continua

Paul Auster scrisse, nel 1977, sulla New York Review of Books: “Negli ultimi anni nessun poeta francese ha ricevuto più attenzione critica ed elogi di Edmond Jabès… A partire dal primo volume de Le Livre des Questions, nel 1963, Jabès ha creato un nuovo e misterioso modello di opera letteraria, sbalorditiva, di difficile classificazione. I suoi scritti hanno un posto tanto centrale che Derrida si è esposto a dire che ‘negli ultimi anni nulla è stato scritto in Francia che non abbia il suo precedente nei libri di Jabès’”. Continua

“Un tale, che era un agente segreto, parcheggiò in una piazza… e salì sull’autobus… Alla prima fermata… vide due ragazze che si sedevano sui sedili liberi davanti a lui. La ragazza di sinistra aveva i capelli color bronzo… Chi le ha annodato il nastro con tanta cura, pensò… Poi attese il momento in cui si sarebbe voltata verso l’amica e lui vide i tratti del suo viso, spalancò la bocca in un urlo soffocato in gola…”.

Poi l’agente segreto scrive: “Non so perché credevo che avrei saputo in anticipo che stavo per incontrarla. In ogni caso, non immaginavo che sarebbe successo così all’improvviso. Ma è successo. L’ho vista d’un tratto sedersi davanti a me sull’autobus. Non ho avuto alcuna difficoltà a riconoscerla”.

UN CAPOLAVORO

È l’inizio del “Minotauro” (Edizioni e/o) di Benjamin Tammuz. Un romanzo straordinario che ti cattura fin dalla prima riga e non ti molla più. Quando uscì (nel 1980 in Israele e l’anno dopo in inglese) fu giudicato da Graham Greene il miglior romanzo tradotto di quell’anno. Continua